martes, 26 de diciembre de 2023

                                                       Chirone  di Lucia Denarosi


Non è affatto facile parlare di Chirone. Non solo perché, come ci ricorda un grande studioso del mito come Karol Kerényi, quella di un dio ferito incurabilmente “è l’invenzione più contraddittoria della mitologia greca” ; ma anche perché la sua è una figura dolorosa, di fronte alla qualesiamo istintivamente tentati di interpretare in modo consolatoriola formula del “guaritore ferito”, ponendo l’accento su un potere terapeutico derivante dalla sofferenza personale, e rimuovendo piuttosto il fatto che Chirone è guaritore prima di essere ferito e che specialmente non riesce a guarire se stesso fino al punto di richiedere la morte per sottrarsi a un dolore divenuto insopportabile. L’aspetto tragico di questo mito, tocca corde dell’anima particolarmente sensibili proprio perché ci pone di fronte a un genere di dolore che non può essere sanato e al tema della morte come scelta.
Per tutti noi, la sofferenza e la morte sono il rimosso per eccellenza. Sempre il mito ci racconta che addirittura su un patto di rimozione della morte si fonderebbe la nascita stessa dell’uomo: proprio quel Prometeo a cui Chirone cede la propria immortalità per uscire dal paradosso in cui si trova confitto,nell’atto di plasmare gli uomini e fonda i presupposti esistenziali sull’oblio della morte. E per questa ragione, secondo Eschilo, prima ancora che per aver offerto loro il dono del fuoco e della tecnica, Prometeo viene punito dagli dei:

COR. Forse non sei andato troppo oltre?
PROM. Spensi all’uomo la vista della morte.
COR. Che farmaco trovasti a questo male?
PROM. Seminai la speranza che non vede.
(Eschilo, Prometeo incatenato, I episodio)

La dimenticanza della morte è un farmaco, una medicina alle sofferenze umane, ma non la medicina di cui può servirsi il medico Chirone.
“La speranza che non vede” somiglia piuttosto alla “follia” ironicamente “elogiata” da Erasmo da Rotterdam:

Supponiamo che potendo spaziare da una specola sublime con lo sguardo tutt'attorno - come, secondo i poeti, fa Giove - uno veda quante avversità minaccino la vita, quanto infelice e miserabile sia la nascita, quanto faticosa l'educazione, e tutte le offese cui va incontro la fanciullezza, tutti gli affanni della gioventù, e com'è pesante la vecchiaia, come amara la fatale morte; tutta la schiera delle malattie, dei vari accidenti, l'incalzare delle contrarietà: nulla mai che sia immune da un amaro veleno; per non dire di quei mali che l'uomo subisce dall'uomo, come la povertà, la prigionia, l'infamia, la vergogna, la tortura, le insidie, il tradimento, le ingiurie, i processi, le frodi. Ma dire tutto è come mettersi a contare i granelli di sabbia. […] Chi rifletta a tutto questo non sarà forse portato ad approvare l'esempio, pur così penoso, delle vergini di Mileto? E quali sono soprattutto gli uomini che, per disgusto della vita, si sono dati la morte? Non sono forse quelli che alla sapienza si erano accostati di più? Tralasciando Diogene, Senocrate, i Catoni, i Cassi, i Bruti, prendiamo il famoso Chirone che, potendo diventare immortale, preferì cercare spontaneamente la morte. Credo vi sia chiaro che cosa accadrebbe se la sapienza si diffondesse; sarebbe necessario altro fango e un secondo Prometeo capace di plasmare altri uomini.

La follia di Erasmo o la cieca speranza di Eschilo, almeno al grado inferiore e però più comune e quotidiano della nostra esperienza, è rappresentata dalla negazione della morte. A causa di ciò, la scelta consapevole di morire è per noi tabu, la rottura del patto prometeico che ci stringe alla vita nell’illusione dell’immortalità (cos’altro potrebbe essere il “non vedere”?), provocando il disagio intollerabile di porci di fronte a una realtà sulla quale non vogliamo-possiamo-dobbiamo fissare lo sguardo.
Forse è per questo che nelle letture astrologiche e psicologiche dell’archetipo si è spesso tentati di arrivare subito alla qualità resiliente del simbolo, distogliendo troppo velocemente l’attenzione dal prima. E’ stata la pratica delle costellazioni familiari astrologiche che, nella mia esperienza, ha reso impossibile questa semplificazione. Esse hanno di fatti il pregio di sottrarre al rischio di una interpretazione troppo soggettiva o codificata delle energie in gioco all’interno di un tema natale, spezzando la gergalità in cui rischia di cadere il linguaggio di ogni disciplina (il guaritore ferito, la ferita, il terapeuta interiore...) e lasciando spazio all’affioramento del simbolo, al suo espandersi in infinite eco.


Ho dovuto constatare che, fra le varie emergenze della simbologia chironiana, quella che ricorre più di frequente costellando un tema natale, specie quando Chirone si trova implicato in legami potenti con i luminari e con i pianeti personali, è l’evento del suicidio. Evento lacerante per una famiglia, il quale, anche se avvenuto in generazioni molto precedenti, proprio perché rimosso come ogni tabu dalla memoria familiare, diviene terribilmente persistente nella vita degli eredi, manifestandosi in varie gradazioni e tonalità, che vanno dall’attrazione verso la ripetizione del gesto a una forma di struggente malinconia, una sorta di seduzione dell’oltre come balsamo pacificante, unica vera possibile guarigione dell’anima. Molti studi recenti di psicologia clinica hanno del resto evidenziato come il dolore insopportabile che conduce al suicidio un membro della famiglia venga sovente “trasmesso” ai familiari e perfino agli amici, tanto che in alcuni casi gli stessi familiari divengono a rischio di suicidio se non sono prontamente sostenuti da programmi di assistenza adeguata . A questo proposito, la storia più sconvolgente nella quale mi sono imbattuta è quella di un giovane uomo, Sole in Pesci congiunto a Chirone, che quando era poco più che adolescente ha vissuto il suicidio del padre, avvenuto nel negozio di articoli per caccia di sua proprietà, e che anni dopo ha dovuto sopportare la scomparsa del fratello maggiore, il quale si è dato la morte nello stesso punto del medesimo negozio di famiglia.
Mi rendo conto che l’argomento è veramente ostico, e tuttavia credo di poter concordare pienamente con Liz Greene quando afferma che Chirone sia un archetipo essenziale “per approfondire e comprendere la consapevolezza solare; poiché, al fine di vivere la vita pienamente, bisogna confrontarsi con la parte di noi che sceglierebbe piuttosto la morte”. La parte di noi, appunto.
Un film recente, La pazza gioia di Paolo Virzì, mi sembra introdurre in modo commovente a questa rivelazione: mi riferisco al momento dell’opera in cui una delle due protagoniste, ambedue in fuga dalla casa di cura per malati psichiatrici in cui si sono incontrate, racconta all’amica di sventura, come lei altrettanto violentemente ferita nel corpo e nell’anima, il momento in cui si è gettata dal ponte insieme al suo bambino. Forse per l’innocenza naif del personaggio, la cui voce accompagna con parole semplici e toccanti un ricordo fino a quel momento impossibile da rievocare, certo per la mano felice della sceneggiatrice e del regista, si entra dentro all’esperienza del suicidio come necessità ‘chironiana’, esito inappellabile di un dolore che tocca il suo fondo e non si redime se non nella morte. Che diventa bella, dolce, quasi l’abbraccio di una madre. Quella madre che ha dimenticato e abbandonato in vita la protagonista, proprio come è successo al nostro centauro. Siamo chiamati lì insieme a lei e alla sua creatura, fin dentro le onde, sott’acqua, senza che ci sia data la possibilità di rifugiarci nel giudizio, o di distogliere lo sguardo di fronte alla presunta disumanità del gesto. Anzi, la scena evoca qualcosa di radicalmente umano, istintivo e basico perfino e così potentemente vero che nessun filtro culturale, nessuna possibile morale laica o religiosa, può offrirci il salvagente per chiamarci fuori e opporre la nostra estraneità.
Nel film, la giovane donna e il suo bambino vengono salvati e poi nuovamente separati. Si ha quasi la sensazione di vedere riaprisi la ferita, come a dire che quel movimento di fusione avvenuto nelle onde a richiamare simbolicamente il caos indistinto delle acque ancestrali, non si possa compiere, almeno non in quel modo. C’è una nuova peripezia, altre difficoltà, altro dolore da sopportare e cammino da affrontare per poter arrivare a una vita vivibile, a un incontro madre-figlio possibile perchè avvenuto nel limite che la realtà umana impone; un limite che, perfino per la relazione più intima che conosciamo, quella materna, decreta una distanza, ponendo lo spazio del possibile/necessario nel solco che si apre fra i due lembi della ferita. Che solo così, si direbbe, può iniziare a guarire.
Non sempre si ha la forza, o il sostegno di qualche divinità di passaggio, per ri-cucire i capi di questa necessaria condizione di separazione.
E nessuno può illudersi di comprendere davvero perché, di fronte al dolore più atroce, alcuni riescano a ricostruire e rilanciare la propria vita nel futuro, mentre altri si trovino sopraffatti dalla disperazione.
Certo, quando la ferita profonda riguarda la relazione primaria con la madre, la disperazione può essere un nemico più tenace da sconfiggere.
Mi ha colpito il fatto che Cesare Pavese, Luna in Acquario congiunta a Chirone in VI casa opposti a Giove in XII, in una delle sue ultime e meno comprese opere letterarie, I dialoghi con Leucò, dedichi un intero dialogo al centauro Chirone, dal titolo Le cavalle. Così come mi ha colpito al cuore verificare che al momento del suicidio il suo Chirone si trovava esattamente quadrato all’Ascendente e al Sole natale.[inserire qui i temi di nascita e di morte del poeta che si trovano nell’allegato]
Sembra che la madre dello scrittore fosse donna di salute cagionevole e di carattere freddo, che aveva affidato da subito il figlio prima ad una e poi a una seconda balia e anche quando lo aveva ripreso con sé a casa, aveva intrattenuto con lui un rapporto distaccato e glaciale, molto sofferto dal poeta. Il padre, Eugenio, muore quando Pavese ha poco più di cinque anni. C’è indubitabilmente qualcosa del mito di Chirone in questa biografia infantile: al pari di Chirone, Cesare perde irrimediabilmente l’infanzia e, come accade nel migliore dei casi, diviene precocemente vecchio, solo e sapiente, costretto a un rovesciamento dei tempi evolutivi che rigetta l’infanzia nell’ombra, da cui essa emette tuttavia i suoi vagiti. Nel caso del poeta, nella forma del vagheggiamento di un amore assoluto, di un incontro totale con la donna che possa finalmente e definitivamente sanare la ferita originaria. Qualcosa che continuerà a inseguire fino a pochi momenti prima di darsi la morte, senza mai raggiungerlo.
Proprio sulla prima pagina dei Dialoghi con Leucò, l’opera che egli considerava il proprio testamento letterario ed esistenziale, scriverà le famose righe che precedono l’atto estremo: «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi».
E’ stato osservato come la visione mitologica e la filosofia di vita che emerge dai Dialoghi, si fondi sulla frattura fra un prima e un dopo della mitologia: il caos primordiale, rappresentato nel dialogo di Chirone con l’immagine potentissima della “palude di sangue”, un’“oscurità inconsapevole” in cui “si intrecciavano, in una natura indistinta, l’elemento umano, il divino e il bestiale”, e la successiva “età degli dèi olimpici” , quando uomini e dei sono stati separati e si è imposta la necessità della distinzione, la temporalità e la morte. Anche qui, la “palude di sangue” rinvia all’indistinto delle acque originali, una sorta di placenta collettiva e ancestrale vagheggiata come il luogo della non divisione, dell’assenza di ferita.




Nelle Cavalle, Chirone, che è anche l’alter ego del poeta, è invece una figura malinconica proprio in quanto emblema della scissione fra questi due tempi, fra la realtà caotica e oscura del divino primordiale e quella nuova gerachia che si è imposta fra divinità olimpiche, uomo, e al grado inferiore e degradato, bestia. Una separazione che in altri termini potremmo definire fra Spirito, Mente e Carne.
Figlio di Crono, colui che incide la ferita iniziale, separando il tempo mitico da quello lineare, Chirone serba in sé e rimpiange la memoria di quella compiutezza originaria nell’indistinto che non gli è più possibile raggiungere. Nel testo di Pavese egli dialoga con Ermete “ctonio”, la figura di Ermes più compromessa con la terra e gli Inferi, il quale viene ad affidare alle sue cure, su istanza di Apollo, il neonato Asclepio, strappato “dalle fiamme e dal grembo” della morente Coronide dalle “mani immortali” del Dio .
Apostrofando Asclepio, Chirone descrive in realtà il proprio destino:
Chirone – Bimbetto, era meglio se restavi nel fuoco. Tu non hai nulla di tua madre se non la triste forma umana. Tu sei figliolo di una luce abbacinante ma crudele, e dovrai vivere in un mondo di ombra esangue e angosciosa, di carne corrotta, di sospiri e di febbri – tutto ti viene dal Radioso. La stessa luce che ti ha fatto frugherà il mondo, implacabile, e dappertutto ti mostrerà la tristezza, la piaga, la viltà delle cose. Su di te veglieranno i serpenti.
Ora che la frattura fra il sopra e il sotto si è consumata, mantenere traccia in sé dell’immortalità del padre, ereditarne la radiosità nella forma della sapienza, delle arti e del potere taumaturgico, è di fatto la peggiore delle condanne. Chirone e Asclepio non sono uomini tanto da poter godere del dono prometeico della “speranza che non vede” e anzi sono piuttosto forzati dalla luce suprema e “crudele” che li ha generati a indirizzare lo sguardo dritto verso la sofferenza e la morte:

Chirone – Un tempo, anche noi si galoppava fin lassù [nell’Olimpo] di costa in costa.
Ermete - Ebbene, dovreste tornarci.
Chirone – Amico, Corònide c’è tornata.
Ermete - Che vuoi dire con questo?
Chirone -. Voglio dire che quella è la morte. Là ci sono i padroni. Non più padroni come Crono il vecchio, o l’antico suo padre o noi stessi nei giorni che ci accadeva di pensarci e la nostra allegria non sapeva più confini e balzavamo come cose che eravamo. A quel tempo la bestia e il pantano eran terra d’incontro di uomini e dei. La montagna il cavallo la pianta la nube il torrente – tutto eravamo sotto il sole. Chi poteva morire a quel tempo? Che cos’era bestiale se la bestia era in noi come il dio?

Nell’orizzonte della separazione, la morte, fa dire il poeta al centauro, è il nostro unico Olimpo. Gli dei non sono più padri ma padroni e la divaricazione fra alto (lassù) e basso ha relegato la bestia nell’ombra.
Chirone, figlio di un dio, per metà uomo e per metà cavallo, incarna nel corpo la compresenza, nella separazione, di questi tre piani. E’ una sorta di ossimoro permanente: immortale-mortale, guaritore-ferito inguaribilmente, dio-bestia, luce-ombra, egli esprime la frammentarietà irricomponibile se non in rari attimi della nostra vita, che è, credo, la vera ferita di cui andiamo parlando.
E certamente, chi entra nella vita con questa segnatura, più di altri si trova al centro di un tale paradosso ed è chiamato a trovare una difficile via di sintesi fra Spirito, Mente e Corpo.


2. Terapia

Nel brevissimo prologo alle Cavalle, Pavese scrive: “Cosa significhi che il buon medico Asclepio esca da un mondo di divine metamorfosi bestiali, vale la pena di dirlo”. Il potere di guarigione di Asclepio come quello del suo maestro Chirone derivano, sembra indicare Pavese, propio dal contenere in sé tracce della bestia e del divino, o per meglio dire di una condizione primaria di divina bestialità, che dirige la luce del loro sguardo sul corpo, sottraendo quest’ultimo all’ombra in cui è stato confinato.
C’è uno studio, come al solito documentatissimo, di Karol Kerényi, intitolato Il medico divino, in cui il grande studioso del mito si sofferma sulla figura di Asclepio, in un viaggio che passa in rassegna a ritroso i luoghi di culto del dio della guarigione, dal più tardo tempio di Esculapio a Roma fino ad arrivare alle origini della mitografia in Tessaglia, dove la figura di Asclepio si connette strettamente a quella del suo maestro Chirone. Il santuario è qui posto sul monte Pelio, dove, nella zona Nord, si trovava la grotta di Chirone al cui interno era la porta degli Inferi, mentre “nella parte meridionale, verso il lato soleggiato, che guardava per così dire il lato giorno del mondo, c’era il tempio di Zeus” . Il trait-d’union che Kerényi individua in tutti questi luoghi sacri è una forte componente ctonia, inscindibilmente connessa alla luminosità del sacro, ponendo in risalto “quella sfera oscura e comunque spirituale dalla quale, secondo la mitologia greca, ha origine l’arte medica”. Qualcosa che ricorda da vicino le “divine metamorfosi bestiali” di cui parla Pavese a proposito di Asclepio.
L’arte medica nasce, secondo il mito così come Kerényi lo ricostruisce, da una contraddizione, da un incontro di infero e supero, solare e oscuro, che il paradosso di Chirone, dio ferito in modo incurabile, esprime al suo massimo grado. Come sottolinea Kerenyi, il potere terapeutico di Chirone è tutto dentro quel paradosso, non essendo “altro che la conoscenza di una ferita per la quale il guaritore soffre in eterno” . Egli è in fondo una figura cristica e come ogni dio incarnato, conosce le ferite dell’uomo prima perchè da esse non può distogliere lo sguardo e poi perché sarà costretto a viverle nella sua stessa carne, proprio in quel punto in cui il corpo è più corpo: l’arto inferiore, la parte bestiale di lui, il ginocchio, il piede, o come alcuni vogliono, il tallone.
Scrive infatti Robert Graves ne La Dea Bianca:

In che punto preciso del tallone o del piede furono feriti a morte Talo, Bran, Achille, Mopso, Chirone [Krishna, aggiungo io] e gli altri? La chiave della risposta ce la danno i miti di Achille e Llew Llaw. Quando Teti sollevò Achille bambino per il piede e lo tuffò nel calderone dell’immortalità, la parte coperta dalle sue dita rimase asciutta e pertanto vulnerabile

Possiamo ancora una volta fare riferimento a quella grande studiosa della simbologia del corpo che è Annick de Souzenelle, la quale indica nella ferita del piede la vulnerabilità radicale dell’uomo ferito appunto alla base del proprio albero, alla radice dell’essere. Da questa radice, da cui la linfa può disperdersi, dobbiamo necessariamente partire per ricostruire il tessuto, ricucire i lembi, ovvero edificare la nostra vita poiché il il patto adamitico si fonda sulla ferita, come testimonia ogni cosmogonia.
Chirone è in questo senso figura della nostra innata vulnerabilità, di una tensione di ricongiungimento al divino (la guarigione) che non può che svolgersi a partire dall’estremità ultima del nostro essere animale, dal fondo della grotta che egli abita, porta degli Inferi e inscindibilmente tempio di Zeus. Senza attraversare l’ “oscurità inconsapevole” della bestia, per riprendere le parole di Pavese, non possiamo accedere “al lato soleggiato”, al “lato giorno del mondo”.
Questo vale tanto per il guaritore che è in ognuno di noi, quanto per ogni possibile rapporto terapeutico. Se il terapeuta dimentica di essere ferito a sua volta e si identifica con un potere taumaturgico che non gli appartiene, in quanto divino, semina intorno a sé i germi di una malattia dell’anima pericolosa quanto contagiosa (si pensi a certi presunti ‘guaritori’, o anche solo a uno psicoterapeuta che si avvolga di un’aura troppo luminosa di compiutezza a cui tendere come a un modello); oppure, all’opposto, se non riesce a farsi veicolo di una dimensione ulteriore, identificandosi con la ferita stessa e non potendo contemplare altro orizzonte da quello della caverna (come avviene a certa medicina, o psicologia moderna che reificano l’anima riducendola a un catalogo di sintomi), condanna se stesso e chi a lui si rivolge alla fissazione nella patologia. Due tipi differenti di dipendenza, a guardar bene, mentre il vero guaritore non può che accompagnare se stesso e l’altro in un cammino di ri-unione, ovvero di liberazione.


Cito a conclusione questa sorprendente sottolineatura di Kerényi: “Chirone, il dio oscuro, sarebbe perfino stato in grado di restituire la vista” .
Mi sono sempre chiesta perché Zeus ponga Chirone nella costellazione del Sagittario, poiché, certo per mia insipienza, non sono mai riuscita a trovare una evidente affinità energetica fra questi due sistemi simbolici. Mi chiedo ora se non sia per fondare una speranza di riunione fra sopra e sotto che si affidi al vedere anziché al non vedere, la morte, come la vita.
Grazie  Lucia.

                            COSTELLAZIONI FAMILIARI SISTEMICHE & l' ASTROLOGIA




L’impatto delle relazioni familiari e della storia è inevitabile. Nella mia pratica, combino il sistema di conoscenza dell'astrologia con la tecnica terapeutica delle costellazioni sistemiche o familiari per analizzare i problemi dei clienti e supportare il loro sviluppo personale e il raggiungimento degli obiettivi.


Costellazioni sistemiche

Facciamo tutti parte di un sistema familiare in cui ogni individuo ha il suo posto. Facciamo anche parte di un sistema comunitario all’interno di un paese, di un pianeta e dell’Universo. Il nostro corpo umano è un sistema composto da sottosistemi e una salute perfetta richiede che tutti funzionino correttamente. I sistemi desiderano sempre rimanere in equilibrio e, quando si verifica un evento destabilizzante, una forza agirà per cercare di riequilibrare. Prendendo come esempio il corpo umano, un’ingente quantità di alcol sovraccarica il fegato, scatenando una reazione a catena che può portare a mal di testa, steatosi epatica, cirrosi o coma alcolico.


Il modello delle costellazioni sistemiche creato dallo psicoterapeuta tedesco Bert Hellinger include un insieme specifico di presupposti. (1) Nel modello, la vita stessa è il valore più importante e tutti gli esseri umani dovrebbero mantenere un atteggiamento di riverenza e gratitudine per la vita. La vita si perpetua e si trasmette di generazione in generazione in varie forme, non sempre nelle migliori condizioni per un essere umano solitario. La vita non ha bisogno di aggettivi, semplicemente è, e quindi nessun evento o atto umano viene giudicato buono o cattivo.


Il presupposto è che esiste sempre una giusta causa per tutte le azioni. Prendiamo la guerra, per esempio. A tutti i soldati viene dato lo stesso ordine: difendere la propria nazione e annientare il nemico. Alcuni soldati ne uccidono altri. Ci sono vittime e carnefici. Indipendentemente dal suo credo o dalla sua ideologia, ogni soldato che tenta di togliere la vita a un altro danneggia l’ordine sistemico e produce un coinvolgimento sistemico.

Il modello richiede che la percezione umana degli eventi sia separata dal giudizio. Oscilliamo tra i ruoli di vittime e carnefici nel corso della nostra vita in circostanze diverse.

La realtà semplicemente accade ed esiste. La nostra percezione interna giudica e valorizza gli eventi, e questo giudizio spesso ci porta dolore, sofferenza e dispiacere.                                                                                               È la percezione di chi guarda che modifica l'apparenza della realtà.



           Tre pilastri sostengono il sistema familiare di Hellinger, chiamati anche ordini d’amore (1):

                                                                   La famiglia

Pilastro 1 – Precedenza

Chi è nato primo in una famiglia è nato per primo e quindi precede quelli nati dopo. I genitori (o chi è venuto alla vita per primo) sono sempre “più grandi” dei figli e delle figlie (o chi è venuto alla vita dopo), che sono sempre “più piccoli”. Il pilastro della precedenza viene leso quando, ad esempio, il figlio del fondatore di un'azienda ne assume il controllo e ne mette al bando il padre. O quando un figlio si comporta come se fosse il padre dei suoi fratelli. L'ordine di precedenza viene rotto quando i figli e le figlie si pongono in una posizione gerarchicamente superiore ai genitori, sia perché li considerano meno intelligenti, più deboli, sbagliati o incapaci o semplicemente li giudicano .

Pilastro 2 – Equilibrio

In una famiglia esiste un equilibrio tra il dare e il ricevere o un principio di rapporti equi. Le somme date e ricevute devono essere uguali in ogni rapporto, sia personale che professionale. All'interno di una relazione personale, quando una persona dà troppa attenzione ai bisogni dell'altra, vengono fatte molte concessioni e non c'è reciprocità; uno dà troppo poco e un altro riceve troppo. Questa situazione causerà una spaccatura che alla fine potrebbe portare a una rottura se non viene affrontata in tempo.

Pilastro 3 – Appartenenza

Ogni persona ha il diritto inalienabile di esistere all'interno di una famiglia in una posizione ricoperta solo da quella persona. Qui abbiamo l'ordine parentale, con genitori e figli posizionati ciascuno nei rispettivi ruoli in base al proprio ordine di nascita. Sono presenti due ordini: quello di appartenenza o localizzazione e quello di precedenza. In una famiglia con tre fratelli, ad esempio, abbiamo i genitori che sono venuti per primi, si sono uniti e hanno dato alla luce il primogenito, poi il secondo figlio e infine un terzo figlio. Tali ordinanze considerano anche gli aborti (spontanei o facoltativi) e gli eventuali bambini dati in adozione.

Intrecci da pilastri spezzati

Quando uno di questi pilastri si rompe, si verifica un intreccio. Tutti i sistemi desiderano rimanere in equilibrio. La persona responsabile dell'evento nel sistema familiare rimarrà intrappolata ogni volta che un pilastro viene destabilizzato. Questo ordine di eventi che sfida l'ordine si manifesterà nuovamente in modi simili in connessione con altri membri della famiglia delle generazioni successive finché una persona non affronterà il problema e cercherà la sua soluzione.

Hellinger afferma che siamo legati agli altri a causa dell'amore e della lealtà, spesso inconsciamente. Ogni volta che i familiari vengono esclusi dal sistema familiare, per qualsiasi motivo, viene loro negato il diritto di appartenere a quella famiglia o di assumere la posizione che spetta loro di diritto. Le esclusioni possono avvenire pubblicamente quando tutti i membri della famiglia aressere a conoscenza della causa dell'esilio di una persona. Le esclusioni possono avvenire anche di nascosto, come nel caso di un bambino nato a causa di una gravidanza involontaria e poi dato in adozione. Ciò viola il pilastro dell’appartenenza.


                                                       Combinazione con l'astrologia

                                                                consiglio di famiglia

L'astrologo può identificare le interruzioni nel sistema familiare attraverso l'analisi della carta natale. Ad esempio, le esclusioni possono essere accertate analizzando la 4a Casa, che contiene informazioni riguardanti la famiglia di origine e di ascendenza. Nettuno in quarta casa può significare la dissoluzione di una famiglia, forse di parenti che sono stati esclusi a causa di dipendenza o problemi di salute mentale. Urano simboleggia le rotture riguardanti il paese di origine e le radici di una persona, che possono manifestarsi come una mancanza di forza personale. Una persona con configurazioni dirompenti nella 4a Casa della propria carta natale è simile a un albero senza radici per portare i nutrienti della terra al suo tronco e ai suoi rami.


I problemi di appartenenza, come le esclusioni, sono spesso identificati dai posizionamenti della 4a Casa, ma altri posizionamenti e aspetti della carta natale possono indicarne l'esistenza. Considera tutti i pianeti che mancano di aspetti principali, i pianeti che possiedono molti aspetti o i pianeti che sono il “manico” di uno schema a secchiello termine astrologico per definire un tipo di  sucessione dei pianeti,“I modelli planetari ci permettono di conoscere il motore che anima il nostro essere” (4)


L'equilibrio tra dare e ricevere può essere analizzato dalla concentrazione dei pianeti in uno degli emisferi della carta natale.

Se la concentrazione avviene nell’emisfero occidentale (dalla 4a alla 9a Casa), c’è la tendenza a dare troppo e a prendersi cura degli altri a proprio discapito.

Se si verifica nell’emisfero orientale (dalla 10a alla 3a Casa), c’è una difficoltà nel dare priorità agli altri e un’eccessiva attenzione ai propri bisogni.

Qualsiasi concentrazione di pianeti in una Casa specifica può significare difficoltà nel bilanciare le questioni governate da quella Casa e dalla Casa opposta nel tema.



La difficoltà di un individuo con il pilastro della precedenza può essere verificata in diversi modi, a cominciare dai luminari (Sole e Luna), Saturno, Urano o Plutone nella 10a Casa. Anche gli aspetti di congiunzione, quadratura o opposizione tra il Sole e Plutone possono indicare questa difficoltà. Plutone congiunto all'Ascendente può suggerire che una persona si sente sicura esercitando un controllo totale e non può sentirsi a proprio agio nel farsi prendersi cura degli altri.


Saturno è sempre importante per l’analisi dal punto di vista delle costellazioni sistemiche perché rappresenta un mandato che abbraccia generazioni. Immaginate una staffetta in cui un atleta passa il testimone all'atleta successivo. L’atleta che riceve il testimone può correre velocemente e migliorare il tempo complessivo della squadra, inciampare e cadere, oppure mantenere il ritmo stabilito e passare il testimone all’atleta successivo. Il testimone è il mandato rappresentato da Saturno, dove un antenato trasmetteva un mandato a un discendente. Chi riceverà il “testimone” potrà esercitare il mandato con saggezza e trasmetterlo in dono alla generazione successiva. In alternativa, quella persona può trasmetterlo come un peso e un problema per i discendenti se il mandato non è stato adeguatamente esercitato.


Gli astrologi che hanno analizzato i temi natali dei vari membri di una famiglia notano spesso la ripetizione di aspetti, posizioni per segno o Casa degli stessi pianeti, oppure segni ripetuti nella croce cardinale. Quando si applica una prospettiva di costellazioni sistemiche con la conoscenza della storia della vita dei membri della famiglia, è possibile accertare quale intreccio li lega.

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Di seguito sono riportati esempi di problemi di costellazione sistemica riflessi nelle carte natali. 

La carta natale sotto,di un uomo ,illustra un esempio di questioni di appartenenza ed esclusione nella carta natale. Questa persona ha abusato sessualmente dei suoi figli ed è stata abusata sessualmente durante la sua infanzia. Suo padre è morto di recente. Le posizioni del Sole e di Plutone possono essere viste come una mancanza di un adeguato legame paterno. Plutone è il moderno governatore della dodicesima casa, con lo Scorpione sulla cuspide. Plutone non ha aspetti importanti e si trova nell'ottava casa. Il Sole governa la 9a Casa (Leone) e si trova nella 12a Casa. L’unico aspetto importante del Sole è un trigono con Saturno retrogrado in Ariete.


      tema di un uomo                                                                     dati cartografici di Astrodatabank


Anche i transiti, le progressioni e i cicli lunari nella carta natale sono importanti perché indicano aree e questioni in cui il cliente è più ricettivo ai cambiamenti in uno schema. Anche i ritorni planetari sono significativi perché riattivano gli intrecci esistenti, consentendo l’emergere di soluzioni.
                                                     
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Nell'esempio di  una  Donna,grafico sotto, la cliente ha subito abusi sessuali da parte del padre nella prima infanzia e questo evento ha prodotto un trauma prematuro. Dopo qualche tempo l'evento venne dimenticato per un meccanismo di sopravvivenza psicologica, ma venne poi progressivamente ricordato durante l'adolescenza. Dopo il matrimonio, ha avuto difficoltà a rimanere incinta e ha cercato il mio aiuto per una consulenza riguardante l'astrologia e le costellazioni sistemiche.

  tema di una Donna                                                                     dati cartografici di Astrodatabank

La donna chiede una consulenza quando Giove era in esatto trigono con Venere nel suo tema natale. Venere , la governatrice della sua decima casa natale (che significa la figura di autorità e spesso è il padre) e non ha aspetti importanti nella sua carta natale. Venere è anche il dispositore del Sole angolare in Toro, situato nella X Casa. Ulteriori fattori temporali furono contrassegnati da Marte in transito nell'ottava casa e Saturno in transito nella quinta casa in congiunzione con il suo Giove natale.

Qui si sono usate diverse tattiche per sostenerla e assisterla, a partire dal calcolo del suo calendario di fertilità, descritto come Metodo Eugen Jonas (3).  Il metodo consiste nell'individuare, ogni mese, il giorno esatto in cui la Luna e il Sole nel cielo si trovano alla stessa distanza in gradi nella sua carta natale. (Questo a volte è chiamato arco, fase o angolo soli-lunare.) Usando un esercizio di costellazione sistemica con visualizzazione interna per guarire il suo bambino interiore ferito e, svolto un ulteriore lavoro   di costellazioni individuali con il tema della maternità, utilizzando oggetti per   rappresentare le persone del suo sistema familiare e la gravidanza stessa. Il risultato fu che nel giro di pochi mesi rimase incinta e diede alla luce il suo primo figlio.

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                                         Il principe Harry e la famiglia reale britannica

 
 
Charles III e Harry                        dati cartografici di Astrodatabank

 

Un esempio pratico di intreccio esiste all’interno della famiglia reale britannica, dove un nodo generazionale lega il principe Harry, duca di Sussex, al suo pronipote re Edoardo VIII, che abdicò al trono per sposare la sua amante Wallis Simpson. Entrambi gli uomini sposarono donne straniere - americane, divorziate, di origine nobile - che non furono accettate dai reali e, di conseguenza, entrambi gli uomini si stabilirono lontano da Londra. Entrambi gli uomini furono anche gravati da pesanti controlli e critiche da parte della stampa, dei parenti e dei politici che si opponevano ai loro matrimoni.

Nelle costellazioni sistemiche, l'analisi inizia accertando a quale lato della famiglia ci si dovrebbe rivolgere, paterno o materno. Il principe Carlo e suo figlio, il principe Harry, hanno in comune: Ascendente in Leone, Luna in Toro, Venere in Bilancia e Marte in Sagittario. Questi numerosi punti in comune indicano un intreccio legato al lato paterno della famiglia.

Secondo la prospettiva sistemica, Saturno significa il mandato passato di generazione in generazione. Il principe Harry e sua nonna, la regina Elisabetta II, hanno Saturno natale in Scorpione. La Luna in Leone della Regina Elisabetta II cade nella dodicesima Casa del Principe Harry ed è nello stesso segno di questa Casa e del suo Ascendente. Ha Saturno al Mediocielo, che si addice al suo ruolo di massima autorità all'interno della famiglia reale, e il principe Harry riceve il suo mandato nella sua quarta casa, in correlazione con l'eredità familiare.



                     Elisabetta II e Harry                              dati cartografici di Astrodatabank

Chirone è legato al bambino ferito in una prospettiva sistemica e significa dolore legato alle questioni governate dalla Casa, dove si trova in una carta natale. Chirone di Re Edoardo VIII è congiunto al Sole del Principe Harry. Chirone di re Edoardo VIII si trova all’interno dell’ottava casa, che governa le crisi, le perdite, la morte, il sesso e la finanza. Chirone del principe Harry si trova nella decima casa, che governa la sua immagine pubblica, ed è stato enfatizzato nella sua vita a causa della crisi coniugale dei suoi genitori e della morte prematura di sua madre. Entrambe le circostanze furono sopportate pubblicamente, come indicato dalla Luna del Principe Harry congiunta al Mediocielo.


Saturno in Bilancia di Re Edoardo VIII è congiunto a Venere del Principe Harry, e la Luna in Toro del Principe Harry è congiunta a Venere di Re Edoardo VIII.


       Grafici di Edoardo VIII e Harry                              dati cartografici di Astrodatabank

I punti in comune del tema natale rivelano una simmetria nascosta: la coincidenza di numeri, date ed età tra entrambi i temi natali. Entrambi mostrano lo stesso aspetto del Sole quadrato a Marte e Giove congiunto a Nettuno con la stessa sfera di 5 gradi all'interno della 5a Casa. Sia il re Edoardo VIII che il principe Harry sono nati di sabato, e gli stessi numeri si ripetono negli anni in cui sono nati entrambi, e il principe Carlo: 1894, 1948 e 1984.


         Dal punto di vista delle costellazioni sistemiche, cosa è successo al principe Harry?

Il suo pronipote, re Edoardo VIII, abdicò al trono perché gli era stato negato il diritto di sposare la donna che amava. La sua dichiarazione interiore alla sua amata era:

                        "se non puoi avere un posto al mio fianco, allora mi escluderò anche io"

Ciò dimostra la lealtà a cui allude Hellinger (1). Il principe Harry, invece, è fedele al suo antenato, escluso dal sistema familiare, e quindi mette in scena la stessa storia.

La situazione tra antenato e discendente mostra la forza all'interno del sistema familiare, che esige costantemente la riparazione di un ordine rotto. Ancora una volta non è stata raggiunta una soluzione. Possiamo aspettarci che questo intreccio continui ad esistere. Un futuro discendente potrà nuovamente rievocare questo evento finché la Famiglia Reale non accoglierà e includerà tutti all'interno del suo sistema famiglia .

                                                                      Conclusione

Le costellazioni sistemiche apportano nuovi strumenti per l’analisi della carta natale aggiungendo una prospettiva specifica e diretta che può essere applicata ai problemi dei clienti derivanti da coinvolgimenti, traumi passati e storia familiare. Le carte natali dei clienti che affrontano problemi in qualsiasi altra area della loro vita – siano essi legati alla salute, alla finanza, a questioni professionali o personali – possono essere analizzate per accertare le probabili origini dei loro problemi in connessione con i coinvolgimenti dei loro antenati e con eventi familiari passati. L’astrologia e le costellazioni sistemiche sono corpi di conoscenza separati che si sommano a vicenda e si muovono in perfetta sintonia.

Riferimenti:

1 Hellinger, Bert. Gli Ordini Dell'amore

2 https://www.astro.com 

l dottor Eugen Jonas, medico slovacco, scoprì nel 1956 un metodo naturale per gestire la fertilità della donna, basato sullo studio delle fasi lunari. Jonas si dedicò alla ricerca dei cicli fertili della donna e delle regole naturali che li governano.

4  MODELLO SECCHIO  Tipologia cardinale -  Tensione

 Questo modello si forma quando nel Tema  natale almeno nove dei dieci pianeti sono disposti entro un arco di 180° (tolleranza +/-10° distanza tra un pianeta e l’altro non più di 60°)

Differisce dalla tazza perché il decimo pianeta si trova staccato nell’area libera  e prende il nome di “pianeta manico” (a volte i pianeti possono essere duepurché si trovino congiunti).

Spesso il pianeta manico assume il valore di “determinatore focale” in quanto attira su di sé tutte le energie espresse dagli altri nove o otto pianeti posti all’interno del grafico e quindi fungerà da fulcro su cui far leva per collegarsi all’esterno.


jueves, 8 de junio de 2023


 


ROMA 28 GIUGNO 2023

Zona Trastevere dalle 18,30 alle 220,00

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