Tuesday, May 10, 2016




La Maschera della Gorgone

Articoli / Mitologia
Inviato da Violet 18 Lug 2007 - 01:10
“Non divenire uomini buoni, ma divenire Dei, questo è lo scopo.”
Seneca

Il bagliore delle fiaccole illumina debolmente il centro della grotta sacra, creando ombre danzanti sulle umide pareti di roccia bruna.
Il silenzio è accarezzato da sottili voci femminili, che sussurrano il canto del vento, e le maschere dagli occhi fiammeggianti sono poste intorno al fuoco.
Attendono.

La Sacerdotessa si avvicina al centro della grotta. Le fiamme si specchiano sul suo splendido corpo nudo.
Imitata dalle sue sorelle raccoglie la maschera e, delicatamente, la pone sul proprio viso…
Nel lento mutare del Tempo, ella si lascia penetrare dal Potere Arcaico, abbandonandosi alla Dea.
Il Serpente si risveglia dentro di lei. Acceca la sua parte umana e innalza la sua Anima alla Consapevolezza, mentre i suoi occhi mandano un fugace brillio di luce divina.
Nella perfetta Comunione la Donna si fa Dea.
E il Mistero si compie.

La figura della Gorgone risale ad epoche molto antiche, epoche in cui la Magia della Donna e della Dea era ancora nel pieno della sua forza e rendeva sacra e altrettanto magica la vita di tutti uomini.
La più antica raffigurazione di Gorgone finora scoperta è una maschera del 6000 a.C., ritrovata nella Grecia settentrionale, precisamente in Tessaglia.
Questa maschera dal terribile aspetto è caratterizzata da occhi tondi, narici dilatate, denti aguzzi digrignati e lingua pendente, tutte caratteristiche che richiamano il furore animalesco, l’essere bestiale, selvaggio. A questi elementi sono affiancate delle spirali dipinte di rosso, e sia il simbolo che il colore indicano rigenerazione, vita attiva, sangue pulsante che vive e scorre nelle vene.
In effetti è caratteristica comune alle raffigurazioni delle Gorgoni l’associazione di caratteri spaventosi e minacciosi, che richiamano l’aspetto oscuro e spietato della Dea della Morte, e di simboli di rinnovamento, quali spirali, tralci di vite, lucertole e serpenti, che invece richiamano la rigenerazione, il ciclico rinnovamento, la Magia della Trasformazione, come pure la visione della Morte come passaggio per accedere ad una nuova esistenza rinnovata, illuminata da nuova consapevolezza.
Questo tipo di maschere erano probabilmente indossate da antiche sacerdotesse durante i loro riti sacri, intimamente legati alla magia della Gorgone, ovvero alla trasmutazione profonda e all’Iniziazione. Durante queste pratiche magiche le sacerdotesse, sistemata la maschera sul viso, entravano in una sorta di trance e giungevano ad impersonare la Dea, la arcaica Donna Serpente, la cui presenza le animava sin dalla nascita, e veniva da esse coltivata giorno dopo giorno.
La loro personificazione era un vero e proprio abbandono alla Dea o ad un Suo particolare aspetto, un abbandono alla sua completa e travolgente possessione.
Indossare una maschera, infatti, significava entrare in contatto diretto con la Divinità che vi era ritratta; significava accedere ad un’altra dimensione, ben diversa da quella comune, per sciogliersi completamente in energie primigenie, o esseri divini anche in forma di animali; significava cambiare non solo il proprio viso, ma anche le proprie gestualità puramente umane, la voce e i movimenti, assumendo anche il potere e il ruolo della Divinità stessa, che agiva attraverso coloro che portavano “il Suo volto sul proprio”.
Non tutte le donne, però, potevano raggiungere un simile stato d’essere, ma solo coloro che, in seguito ad un lungo Cammino, avevano accolto l’Abbandono e accettato la Trasformazione. Coloro che avevano permesso allo sguardo della Donna Serpente di perforare i loro occhi, non per accecarli, ma per aprirli ad una visione diversa, luminosa.

Per comprendere e svelare ciò che l’antica maschera della Gorgone rappresentava e ciò che si nascondeva dietro di essa, volgeremo lo sguardo un po’ più avanti nel tempo, approdando alla Grecia classica.
Molto di ciò che è narrato e custodito nella mitologia greca, infatti, ha origine arcaica, e contiene ancora verità e conoscenze antichissime, nascoste sotto un sottile, ma il più delle volte impenetrabile, strato di immagini e simboli particolari.
Uno di questi miti è quello che racconta la storia di Medusa, la più illustre di tre sorelle Gorgoni, la cui feroce e spaventosa testa dai capelli di serpenti era proprio una memoria dell’antica maschera gorgonica. I popoli posteriori, infatti, interpretarono l’immagine della maschera come quella di una donna decapitata, e ne crearono una storia, nella quale antiche verità venivano inconsapevolmente (o più che consapevolmente) nascoste.
In questo modo, essi racchiusero l’arcaica Gorgone e i suoi poteri nella sfera del mito, che vive al di là del tempo storico, e ne mantennero il ricordo, consegnando reminescenze passate, ma ancora pulsanti di vita propria, a coloro che, migliaia di anni dopo, avrebbero potuto attingervi.
E così faremo noi oggi, cercando, con questo breve scritto, di ridare vita al passato, o meglio, di ritrovare un eterno presente che vive ancora, e che attende solo di essere riscoperto.

La Favola di Medusa

Un tempo, vivevano su un isola non lontana dal regno dei morti, tre bellissime sorelle, figlie delle divinità oceaniche Ceto e Forco e chiamate Gorgoni. I loro nomi erano Steno (forte), Euriale (ampia) e Medusa (astuta), e quest’ultima, in quanto a bellezza e grazia, superava di gran lunga le sue sorelle: il suo corpo era florido e sensuale, i suoi lineamenti erano dolci e i suoi capelli sembravano fili dorati, della luminosità del sole estivo.
Tanto era bella e amabile, che il dio del mare, Poseidone, se ne innamorò perdutamente e un giorno la invitò ad incontrarlo in un tempietto consacrato ad Atena, nel quale egli si unì a lei nella gioia e nel diletto.
Atena, però, si accorse dell’accaduto e, sdegnata per l’affronto ricevuto, si vendicò sulla fanciulla che tanto le aveva mancato di rispetto, tramutandola, da donna splendida e fiorente che era, in creatura mostruosa portatrice di morte.
La sua bocca sensuale come un frutto roseo e succoso divenne una voragine orrenda, dalla quale fuoriuscivano denti lunghissimi e spaventosi come quelli di un cinghiale; i suoi splendidi capelli, più belli addirittura di quelli della dea stessa, divennero un groviglio di serpi velenose e sibilanti; le sue unghie divennero di bronzo, lunghe e affilate come quelle di una bestia feroce, mentre sulla schiena le spuntarono due alette d’ape.
Il suo sangue acquisì il doppio potere di uccidere e riportare in vita, infatti la prima goccia, fuoriuscita dai serpenti che ella portava sulla testa, era di veleno letale, mentre la seconda, spillata dalle sue vene, aveva la proprietà di guarire e far rinascere i morti.
Infine, i suoi occhi, che un tempo erano stati strumento d’amore e seduzione, divennero arma mortale: chiunque li avesse incrociati con lo sguardo ne sarebbe rimasto pietrificato e di tutto ciò che era stata la sua vita mortale sarebbe rimasta solamente una statua di sasso.
Tale era stata la metamorfosi della bella Medusa, che da portatrice di piacere ora era divenuta portatrice di orrore e morte; ma Atena, non sazia della già consumata vendetta, pensò di dare il colpo di grazia alla sua odiata nemica. Ella si offrì, infatti, di aiutare l’eroe Perseo ad uccidere il “mostro” ripugnante, e per far sì che egli vi riuscisse gli consigliò di penetrare nell’antro di Medusa procedendo all’indietro, e di osservare la spaventosa creatura non direttamente, ma nel riflesso del suo scudo lucidissimo, usandolo come fosse uno specchio.
In questo modo Perseo raggiunse Medusa, che in quel momento stava dormendo profondamente con le sue sorelle, e con un violento colpo di spada le tagliò di netto la testa.
Nonostante la morte, la Donna-Serpe partorì due creature, il cavallo alato Pegaso e l’eroe Crisaore. Alcune gocce del suo sangue caddero sul deserto, dando vita ai serpenti velenosi che ancora oggi lo abitano, e altre gocce, entrando a contatto con l’acqua marina diedero origine ai meravigliosi coralli rossi.
La sua testa, staccata dal resto del corpo, continuò a mantenere tutto il suo potere pietrificante, così Atena la “adottò” e ne fece il suo emblema, mettendola sull’egida che da quel momento ne ereditò la magia e divenne letale arma contro i nemici.
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La Metamorfosi e la vera natura di Medusa



Nel mito narrato, Medusa appare inizialmente come una fanciulla splendida, che ha ereditato dall’oceano, dimora dei suoi genitori, la sensualità e la femminilità tipiche di una creatura acquatica. Ella porta in sé lo splendore della Donna libera, vergine secondo il senso antico del termine, ebbra di voluttà e dolcezza, di amore e grazia, ed è per sua stessa natura simile al Dio del Mare, che infatti è profondamente attratto da lei e ne ricerca un’unione intima e completa.
Tuttavia, in seguito al suo incontro con Poseidone nel tempio dell’austera Atena, ella subisce una metamorfosi radicale, e dalla meravigliosa fanciulla che era, diventa un essere mostruoso, inguardabile non soltanto per la sua bruttezza ma anche per le conseguenze fatali che un simile atto provocherebbe nell’osservatore.
Medusa assume un aspetto talmente orrendo e opposto a ciò che era in principio che questo potrebbe sembrare totalmente estraneo alla sua natura, inesistente, inconcepibile. Eppure proprio per questo motivo, non così distante da lei.
Secondo il mito, Atena trasformò Medusa per vendetta, come se tale gesto fosse una terribile punizione, un anatema senza eguali nato da un odio profondo. Ma secondo una certa interpretazione che si propone di portare alla luce l’essenza nascosta tra le pieghe del racconto, Atena potrebbe essere stata soltanto Colei che mise in atto un cambiamento, un passaggio da uno stato d’essere ad un altro, entrambi, però, già esistenti per natura nella medesima creatura, come due parti di uno stesso volto, come due lati della stessa medaglia, come la luminosità e l’oscurità, la vita e la morte.
La presenza, o il prevalere, di un aspetto non esclude assolutamente la presenza dell’altro perché entrambi sono parti complementari dello stesso essere, il quale può scegliere, a seconda delle circostanze, quale abbracciare e mostrare, senza farsi possedere da esso, cosa che sarebbe sintomo di mancanza di Equilibrio, ma nella piena Consapevolezza dell’Armonia generata dall’unione di entrambi.
Medusa muta la propria forma agli occhi di chi la guarda, e prende le sembianze del suo lato oscuro, diventa da Donna amabile ad essere spaventoso, terribile perché inconcepibile, ignoto.
Questo suo aspetto è più simile a quello di un animale, piuttosto che a quello di una persona, perché porta all’estremo la bestialità, la selvatichezza, il potere di provocare la Morte con un violento colpo di denti, con un morso di serpe, con un’unghiata lacerante, immediata e fatale. Ed è proprio nel suo assumere questo volto che Medusa rivela la sua vera e antica natura: ella rivela di essere un riflesso dell’Antica Madre primigenia che (in epoca ben più antica di quella classica) era Fonte di Vita così come di Morte, di amabilità come di bestialità distruttiva, che poteva aiutare le partorienti con amore estremo oppure divorare i loro figli senza pietà.
Tra le righe del mito appare quindi l’antica origine di Medusa, l’Essere venuto da lontano, sopravvissuto al tempo: la potente Dea-Serpente, di fronte alla quale la stessa Atena, nata dalla testa di suo padre in epoca ben più recente, sfigura e lentamente scompare, divenendo piccola ed inconsistente.

Gli elementi che caratterizzano l’aspetto di Medusa non fanno altro che evidenziare questa sua natura.
I denti lunghi e appuntiti sono paragonati a quelli di un cinghiale, quindi a quelli di un animale tra i più pericolosi e aggressivi, così come le unghie affilatissime sono proprie delle bestie feroci. Entrambi sono attributi che richiamano al selvatico, al ferino, al pericoloso. Offrono morte certa e Medusa, nel suo aspetto oscuro e mostruoso, è proprio l’antica Madre di Morte e Trasformazione che incarna, Colei che toglie la Vita, ma che in seguito la ridona nuovamente, facendo rivivere ciò che è trapassato perché sia elevato ad un livello superiore, ad una nuova esistenza che è il passo successivo a quella portata a termine. E tale potere rigenerativo di nuovo può essere letto nei caratteri di Medusa, la quale, sulla schiena, mostra un paio di ali dorate come quelle delle api, le quali rimandano alla Vita ma anche al Nutrimento divino.
La stessa simbologia di rigenerazione può essere ricondotta ai serpenti che coronano la testa della creatura, coloro che possono uccidere ma che allo stesso tempo insegnano il rinnovamento e la rinascita attraverso il cambio di pelle; il mutamento da una condizione che ormai si è conclusa ad una successiva, passando per la morte, sia essa fisica e definitiva per il vecchio corpo, od iniziatica, e quindi foriera di nuova Conoscenza.
Ma vi sono altri attributi ancora più affascinanti e rivelatori in Medusa, sui quali è bene soffermarsi un po’ più a lungo, e questi sono il suo sangue dotato di proprietà straordinarie e i suoi occhi, di fronte ai quali il potere di Trasformazione scaturisce fulmineo e va a mutare coloro che ne entrano in contatto diretto, e che da quel momento conosceranno una nuova esistenza.

Il Sangue della Donna

Il sangue che scorre nelle vene di Medusa è un liquido che contiene un doppio potere, ovvero il potere di avvelenare e di guarire, di uccidere e di riportare in vita.
Secondo il mito la prima goccia di sangue scaturita dai serpenti che Medusa portava sul capo (o secondo un’altra versione, il sangue fuoriuscito dal lato sinistro del suo collo) avrebbe provocato una morte immediata. Questo, infatti, era puro veleno, letale, e avrebbe immobilizzato la vittima in una morsa atroce spegnendola nel giro di pochissimi secondi.
La seconda goccia, invece, spillata dalle vene di Medusa (o, secondo l’altra versione, il sangue fuoriuscito dal lato destro del suo collo), sarebbe stata in grado di resuscitare i morti e di guarire gli ammalati in modo completo e profondo. Una vera e propria rinascita.
Inoltre, il sangue di Medusa è un sangue che crea, che genera, che forma la vita, la plasma e la manifesta sulla terra. Le gocce che cadono dalla sua testa recisa, infatti, si fondono con la terra arida del deserto e danno vita ai serpenti velenosi; le gocce che invece toccano l’acqua marina e ad essa si mescolano, generano meravigliosi coralli, creature acquatiche nascoste nel profondo del mare, nell’ombra fresca dei suoi fondali.
Medusa, di nuovo manifesta la sua natura terrestre e acquatica, umida, oscura, ctonia e prettamente femminile. Femminile come il suo sangue.
Le serpi sue figlie appartengono e nascono dal suo sangue, e il sangue di Medusa si ricollega al sangue della Donna.
Sin dai tempi antichi, infatti, i serpenti e il mestruo sono intimamente connessi, con i loro cicli e il loro potere ambivalente.
Il mestruo, che porta sterilità e fertilità, ovvero, simbolicamente, morte e vita, segue le dolci maree lunari. Queste sue proprietà furono motivo di timore in epoca patriarcale, durante la quale il ciclo della donna divenne motivo di vergogna e pudore: esso non era più una benedizione di vita e rinnovamento, ma una maledizione terribile, che avrebbe portato solo disgrazie e sfortuna a coloro che ne fossero entrati in contatto.
Il suo era un potere inconcepibile, impensabile per gli uomini, ormai lontani dalla Grande Madre. E fu soprattutto per questo che la donna mestruata prese le sembianze di una creatura diabolica, orrenda, e assunse nell’immaginario popolare tratti mostruosi, proprio simili a quelli della stessa Medusa, a quelli di Colei che era connessa al Serpente primordiale, Colei il cui sangue era potere incontrollabile.
Inoltre, della donna durante il suo ciclo, era temuto anche lo sguardo, l’occhiata diretta e repentina, considerata un’arma pericolosissima perché avrebbe provocato distruzione, sterilità e persino il deperimento della persona colpita fino alla morte. Esso era considerato una delle peggiori fatture che una donna, o una strega, potevano lanciare, ed è curioso rilevare che anche questo particolare collega ancora più strettamente la Donna a Medusa, ovvero all’antica Dea-Serpente dagli occhi pietrificanti.
Il legame tra il serpente e il sangue mestruale è riconosciuto un po’ dappertutto. In certi luoghi si riteneva che la prima mestruazione di una fanciulla apparisse in seguito al morso di un serpente e che le donne fossero in grado di attirare i serpenti durante il loro “periodo di sangue”. Inoltre sia il sangue che il serpente erano legati alla Luna, al suo lento crescere e decrescere, e alla rigenerazione insita nel loro perenne mutamento.
Allo stesso modo Medusa, che contiene in sé la magia femminile del sangue e del serpente, e che possiede la capacità di trasformazione, è una creatura essenzialmente lunare, ctonia, più vicina al volto della luna nera piuttosto che a quello della luna piena, per la sua magia rigeneratrice e trasformatrice e per il suo aspetto oscuro, spaventoso, bestiale. È una creatura appartenente all’oscurità del profondo della terra e del regno delle acque, che scorrono languidamente nelle vene del suolo.
La sua dimora è ben nascosta nella bruna terra, in un antro raggiungibile soltanto dopo aver viaggiato a lungo per gli stretti cunicoli sotterranei, bui e umidi. Una grotta dalle luci calde e soffuse, dall’atmosfera puramente femminile, in cui potrebbero essere appresi i misteri della Donna e del Sangue, e in cui si potrebbe sperimentare la Trasformazione della Signora dei Serpenti, che le sue Figlie ben conoscevano.
È infatti indubbia l’esistenza di Sacerdotesse consacrate ai misteri della Madre, che erano in grado di operare una trasformazione completa, come quella di Medusa, sugli iniziandi che ad esse si presentavano, desiderosi di Conoscere i segreti della Grande Madre.
Queste Donne-Serpente conoscevano il magico potere del sangue e della Donna e, con tutta probabilità, si occupavano delle altre donne che giungevano nel tempio, magari proprio durante il loro ciclo mestruale, per ricevere insegnamenti e conoscenza. Esse potevano forse aiutare le donne a ritrovare il loro lato selvatico e “ferino”, ad abbracciare l’oscurità senza farsi possedere da essa (come tutti gli uomini e le donne fanno ormai da secoli), ad incanalare l’energia che si forma prima del ciclo mestruale e che serve a creare la progenie, ma che, se inutilizzata, spesso provoca malesseri e nervosismi, nonché debolezza e vulnerabilità nei confronti di stati depressivi e terribili negatività.
Inoltre si prendevano cura delle partorienti, aiutandole a mettere al mondo le loro creature, come anche ad interromperne la vita, dato che era della Donna il diritto irrevocabile di scegliere se e quando mettere al mondo dei figli. Pertanto esse erano in grado di far nascere come anche di far morire, sia per desiderio della madre, sia per motivi non dipendenti dalla sua volontà (aborti spontanei o necessari).
Nella loro saggezza esse erano Donne Sacre. Il loro sangue era il sangue della Dea-Serpente, il loro potere era il Suo potere, la loro conoscenza era ciò che Lei aveva loro insegnato, e che esse custodivano come il più prezioso dei tesori.
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Gli Occhi e la Pietra



Medusa è una Donna in grado di trasformare, di rompere una condizione precedente in favore di quella successiva, più elevata.
Il suo potere risiede nel suo sguardo ammaliante, nei suoi occhi, che sono le porte dalle quali emerge l’Essenza, specchi di ciò che non è visibile ma che è pura energia divina. Sono come varchi che danno sull’infinito, sull’ignoto e per questo si dice che mostrino il riflesso dell’anima, che da essi riversa all’esterno la sua luminosità e comunica in modi non comprensibili per la mente umana.
Incrociare lo sguardo, guardare negli occhi è un gesto che persino nei casi più banali richiede coraggio, perché significa guardare e affrontare frontalmente non solo la persona che si ha davanti ma anche ciò che lei porta dentro di sé. Significa accettare la “sfida” dell’ignoto con tutto ciò che essa comporta, sperando di non rimanerne sconfitti ma di procederne oltre, abbracciando la meraviglia.
Se il solo gesto di guardare negli occhi è difficile, allora guardare negli occhi una Dea primordiale è davvero come morire, perché la nostra parte cerebrale e umana ne rimane folgorata, annullata, paralizzata proprio come se fosse stata morsa da un serpente velenoso.
Colui che guarda è strappato a se stesso, investito violentemente da Colei che lo ha rapito, e perde il proprio sguardo, perde la coscienza della mente nel normale stato di veglia, perde la sua stessa vista e anche il suo corpo che, secondo il mito, rimane pietrificato, immobile, privato dell’Essenza che in quel momento è stata catapultata in luoghi sconosciuti e nemmeno pensabili.
Guardare Medusa implica rinunciare a se stessi, alla razionalità “padrona”, a ciò che pensiamo sia la nostra realtà.
Guardare Medusa porta l’osservatore ad un vero e proprio sacrificio di se stesso, un sacrificio nel senso etimologico del termine. Ciò che viene sacrificato è l’Io, il quale rimane ancorato al mondo caduco di mente e materia al quale appartiene. E la pietra potrebbe proprio simboleggiare questo, ovvero la materia della quale siamo prigionieri, la “maschera di personalità che ci siamo imposti”*, la quale, dopo l’occhiata fulminea di Medusa, rimane letteralmente “di sasso”.
Essa potrebbe essere vista come un ricordo, una memoria impressa nel Tempo e nello Spazio, dai quali non si sposterà di un passo di più, mentre la parte sottile, il Sé, prosegue il suo cammino e può librarsi nei regni incantati dai quali è stata generata. Qui prende coscienza di se stessa e vede la vera natura di Medusa, al di là del suo aspetto terrificante, della quale è giusto non parlare, per non cadere nell’errore di cercare di descrivere ciò che per sua stessa natura non è descrivibile a parole.
Gli occhi di Medusa sono gli occhi della Dea in veste di Madre di Morte. La rigidità della pietra fredda richiama la morte, ma Medusa è portatrice di una morte iniziatica, più che di una morte fisica vera e propria. Lei paralizza l’Umano per esaltare il Divino, opera l’incantamento, la mutazione, attraverso la quale l’uomo perde la propria condizione umana e diventa simile a Lei, diventa un Dio.
Naturalmente non tutti sono adatti ad abbracciare una simile Conoscenza, un simile stato d’essere, anzi, più passa il tempo e più le persone sono inadatte, lontane anche solo dall’addentrarsi in una tale Ricerca. Esse non desiderano affatto muovere i loro passi nei cunicoli umidi che portano all’Antro di Medusa. Amano la superficie ed in essa si perdono. Si crogiolano nella materia più grezza, magari credendo persino di possedere conoscenze ammirabili, o di essere qualcosa che certamente non sono.
Bloccandosi nella materia, rimanendo prigionieri della pietra, gli uomini non procedono oltre, non muovono passi. Credono di farlo ma sono pressoché immobili, come il sasso di cui sono fatti.
Questo tipo di uomini sono coloro che seguono l’esempio di Perseo, e che non giungono da nessuna parte.
Essi non si pongono frontalmente alla Divinità, non si mettono davanti a Medusa, accettandone il potere, ma camminano verso di Lei all’indietro, con un bello scudo tirato a lucido che faccia da specchio, cercando magari di non inciampare nei loro stessi piedi. Non possono certo correre il rischio di vedere Medusa, per non essere vittime accidentali della Sua Trasformazione.
Essi seguono, come Perseo, i consigli della “cerebrale” Atena, che insegna bene come fare per non guardare in faccia la Verità, per accontentarsi di un suo riflesso, giusto il tempo che basta per raggiungerla e tagliarle la testa.
Ma Perseo, così come i suoi “seguaci”, non giunge a nulla dopo aver ucciso il mostro. Egli non ha guadagnato nulla di potente, misterioso o divino perché ha rifiutato tutto questo. Ha preferito fidarsi della mente (Atena), piuttosto che cercare il volto dell’anima (Medusa) e non si è posto frontalmente alla Conoscenza, anzi, le ha dato le spalle!
Rimanendo nella sua razionalità superficiale egli decide di non voler vedere, di non voler conoscere e rimane ciò che è: un semplice uomo.

La Maschera della Gorgone

Il potere che traspare da Medusa è il potere dell’antica Gorgone, le cui maschere erano indossate dalle sacerdotesse per entrare in diretto contatto con l’Anima Antica della Terra stessa, con l’Essenza della Donna Serpente.
Nel mettere sul viso la maschera della Gorgone esse si trasformavano ogni volta e divenivano Lei, accedevano ad una condizione divina estrema, e attraverso questa potevano operare la magia della Trasformazione che immemore tempo addietro aveva toccato loro stesse per la prima volta e in modo travolgente, pietrificante, quando, da fanciulle, avevano intrapreso il Sentiero iniziatico.
La Trasformazione che avevano conosciuto, ora risiedeva nelle loro mani, nel loro stesso potere che era il potere della Gorgone, tanto che esse stesse ne portavano il nome e venivano chiamate come Lei, Gorgoni.
Coloro che ad esse si presentavano per Conoscere, probabilmente incontravano lo sguardo di grandi teste gorgoniche che si ergevano all’entrata dei luoghi sacri, dei templi, delle grotte labirintiche il cui centro era raggiungibile, proprio come l’antro di Medusa, attraverso cunicoli ombrosi e odorosi di muschio e terra umida.
L’usanza di appendere teste/maschere di Gorgone nei luoghi sacri ci giunge ancora una volta dalla Grecia. Qui, infatti, queste figure enormi e spaventose coronavano i templi, ma non solo, anche i forni in cui veniva cotto il pane.
La presenza di queste maschere è stata interpretata come invito ad allontanarsi dai luoghi misteriosi.
La Gorgone, quindi sarebbe non solo una Trasformatrice ma anche una Guardiana.
Il suo aspetto terribile che porta all’eccesso la bestialità e l’orrore della morte violenta, colpisce gli ignavi e li spinge a fuggire lontano, spaventa per costringere chi non è adatto a Conoscere ad allontanarsi, a non varcare la soglia, a non procedere oltre. In questo modo il segreto del tempio rimane tale e ciò che deve essere taciuto resta ancorato al silenzio. Allo stesso modo, il forno non viene toccato o aperto, e lievitazione e cottura del pane, alimento sacro sin dagli albori, non subiscono sbalzi di temperatura che potrebbero guastarlo.
Ma la presenza della testa di Medusa su templi e forni potrebbe rivelare non solo il suo ruolo di Guardiana, ma anche quello di Messaggera di Trasformazione.
Ciò che potrebbero comunicare le maschere al di fuori dei luoghi sacri, infatti, potrebbe essere sì, un invito ad allontanarsi, ma anche un messaggio che avvisa che oltre quella soglia sta avvenendo una Trasformazione.
Nel Tempio, infatti avvengono riti e magie che apportano sempre una trasformazione misteriosa, e allo stesso modo il forno è un luogo di mutazione della materia, nel quale l’acqua e la farina impastati lievitano e diventano un alimento perfetto, passando attraverso la cottura.

Sovrana e fautrice di ogni Trasformazione profonda, la Gorgone presiede all’Iniziazione e agisce non solo attraverso le sue sacerdotesse, ma anche nell’intimo di chi a lei si accosta, desideroso di abbandonarsi al suo potere folgorante.
Ella è l’Energia accecante che travolge i sensi umani e li tramortisce, è la creatura selvaggia e indomabile che rapisce e sbrana ciò che è caduco per far sì che l’Anima possa emergere silenziosa verso la luminosità delle dimensioni divine.
Potrebbe essere intravista nel folto del bosco oscuro, nella percezione dell’Ignoto che ivi risiede, oppure potrebbe essere incontrata nel centro di una Danza selvatica e senza schemi e limiti, mentre dolcemente si sprofonda in una sorta di annullamento dell’Io pensante e si conosce l’Estasi del Sogno.
Potrebbe essere scorta nel Desiderio di Trasformazione, alle porte dell’Iniziazione, nell’ombra della Morte che poi torna Vita.
La Gorgone vive nascosta nella sua grotta ammantata di morbide tenebre, o in qualche oscuro anfratto nel profondo dell’oceano, ovvero nel profondo di noi stessi, in attesa di svegliarsi e voltarsi verso di noi.
Starà a noi decidere se volgerle le spalle, oppure accettare di indossarne il Volto.
Ciò che è certo è che, accettandola, la sua Trasformazione renderà i nostri occhi simili a porte che, prima socchiuse, si spalancheranno alla piena vista della Realtà, e la luminosità si poserà su di essi come un bacio delicato, riempiendoli di dorate stelle.
Perché se la Morte appare orribile e nera, il risveglio dopo di essa è sempre splendente di luce.


Note alle immagini:

Immagine 1:
Raffigurazione di Gorgone, 570 a.C. Lastra proveniente dall’Athenaion di Siracusa.
La Gorgone è raffigurata nella posizione del parto, e tiene sotto il braccio uno dei suoi figli, il cavallo alato Pegaso.
Il motivo del parto potrebbe essere una delle spiegazioni all’espressione di denti digrignati della Gorgone, che nello sforzo e nel dolore delle doglie rappresenta la Donna in quanto a Genitrice del Tutto.
Quest’ipotesi potrebbe confermare uno dei compiti delle sacerdotesse della Dea Serpente, ovvero quello di Maestre e assistenti al parto delle donne.


Immagine 2:
Rilievo di Gorgone dal Tempio di Artemide, 580 a.C. Kerkyra (Isola di Corfù).
Questo rilievo sovrasta il tempio e rappresenta di nuovo la Gorgone in posizione di partoriente.
Interessantissimi sono i serpenti che si avvolgono intorno al suo ventre e si incontrano rivolgendosi l’uno verso l’altro in perfetto equilibrio. Questa immagine richiama quella del caduceo, e il potere del serpente di fornire il veleno e la cura, quindi potrebbe essere connessa alla Guarigione, altro Mistero appartenente a Medusa e al suo divino sangue.


*Ringrazio Niviene per avermi concesso di utilizzare questa sua intuizione.

Per maggiori informazioni sul Serpente, consultare l'articolo Il Serpente e il Potere Femminile [1], di Violet.


Fonti

Le Dee viventi, Marija Gimbutas. Medusa Edizioni, Milano, 2005
I miti greci, Robert Graves. Longanesi, Milano, 1983
La Grande Madre, Erich Neumann. Astrolabio Ubaldini, Roma, 1981
Il riso della Medusa, Cixous Hélène
Le Imagini de gli dei de li antichi, Vincenzo Cartari. Luni, 2004
La morte negli occhi, Jean-Pierre Vernant. Il mulino, 1987
Il Corpo della Dea, Selene Ballerini. Atanòr, 2002
Mestruo, maternità, menopausa: una guida al femminile naturale attraverso i misteri della donna. Raccolta di articoli e approfondimenti sul femminile [2], Barbara Polettini Coffani, 2005-2007
http://www02.unibg.it/~medusa/index.php [3]
http://www.griseldaonline.it/formazione/3ferroni.html [4]
http://www.roth37.it/COINS/Gorgon/storia.html [5]

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