sistemavo le mie carte e Oplà lo stralcio di una mia Conferenza
............. Alba..........era un pomeriggio di Settembre del 2014 ,sabato,pioveva.....
Gli archetipi del femminile:
la donna verso la sua identità interiore e l’incontro con l’altro da sè
Premessa:
La civiltà occidentale, contrariamente ad altre culture, tende a dare poco valore e a non riconoscere
l’importanza della femminilità.
L’occidente è caratterizzato da un sistema prevalentemente maschile e patriarcale: esso è unilaterale,
basato soprattutto sulla razionalità e scarsamente disposto ad accettare l’aspetto più interiore ed emotivo, tipicamente femminile, che consentirebbe una comprensione più globale della realtà.
Non vi è apertura all’altro e il conflitto fra le diversità, e quindi anche tra maschile e femminile, è aspro.
Quando principio maschile e femminile non si incontrano e non si integrano, predomina la volontà di potere: l’uno sull’altro e sulla realtà circostante. E soprattutto non c’è riconoscimento del valore, né da parte dell’uomo verso la donna, né da parte della donna all’uomo, né della ricchezza che può derivare da un diverso modo di essere e di vedere la realtà.
Il concetto di femminilità è velato di mistero, contiene in sé molte sfumature, spesso sfugge le definizioni e disorienta chi tenta di approfondirne il senso.
Il mistero si chiarifica attraverso le espressioni simboliche appartenenti alla vasta cultura umana che, dai tempi più antichi, ha prodotto miti e archetipi, in grado di indicare le vie più profonde dell’esistenza.
Miti e archetipi, infatti, parlano direttamente alla nostra anima, superando la riduttività di un discorso
razionale; in quanto capaci di riflettere una struttura psicologica umana basilare, essi contengono anche un significato universale, espressione di un processo comune a tutti gli esseri umani.
È necessario, inoltre, riscoprire il valore dell’incontro tra uomo e donna, la diversità complementare tra loro e di come la fecondità del principio femminile sia in grado di arricchire l’orientamento razionale del principio maschile: pur avendo evoluzioni differenti nella modalità d’approccio
all’esistenza, uomo e donna non possono fare a meno l’uno dell’altro, ai fini dell’autorealizzazione.
Riferimento fondamentale è la psicologia analitica di Jung, che riconosce nell’inconscio dell’uomo la presenza attiva di un principio femminile (Anima), così come la presenza di una parte maschile
nell’interiorità della donna (Animus) e soprattutto ha saputo comprendere il percorso evolutivo della
donna mediante lo studio antropologico dei miti.
La psicologia del profondo, infatti, conosce se stessa proprio attraverso l’esplorazione simbolica che il mito le procura.
Il mito va oltre il personale, fornisce l’aspetto oggettivo presente nell’evento psichico e contiene una valenza fortemente energetica che attira l’attenzione degli uomini, riunendoli sotto valori universali e validi per l’intera umanità, ma soprattutto ne favorisce le trasformazioni spirituali.
Nel mito il mistero diventa un percorso iniziatico, in cui la donna acquisisce il suo potere femminile fecondo attraverso tappe dolorose di morte-rinascita, necessarie prima di ricongiungersi al suo amato bene.
Meta che raggiunge guidata dall’esperienza del suo Sé femminile, come ci indica chiaramente l’eroina Psiche nel mito di Apuleio.
Il mistero del femminile ha il sapore di una storia che narra destini comuni, è il racconto di ogni donna, dolente travaglio della sua anima e della fioritura del suo ventre che genera vita.
Ma è anche la storia di una coscienza e delle sue lotte interiori, di una lenta metamorfosi attraverso
cui emerge la verità della propria essenza, non appannaggio ereditato, ma frutto di un approccio profondo alla vita.
Infatti, già nelle antiche religioni misteriche della dea lunare, l’educazione alla vita emotiva non avveniva attraverso uno studio razionale, ma mediante iniziazione, intesa come risveglio interiore.
Se il mondo dei valori entrava in crisi per improvvisa aridità di costumi, gli antichi simbolicamente affermavano che lo spirito fertilizzante della dea lunare si era ritirato e il percorso iniziatico era rivolto a reintegrare il potere della dea nella vita individuale.
I miti e i riti delle antiche religioni esprimono, quindi, una proiezione di realtà psicologiche non distorte
da razionalismi, e in tutte le questioni riguardanti il regno dello spirito, i popoli primitivi non pensavano, ma “sentivano”, grazie ad un’affinata percezione intuitiva.
È la conoscenza di “come stanno veramente le cose”, il sentiero immerso nell’oscurità inconscia,che però rispecchia i fatti e non può mentire. Questa è la saggezza dei tempi, che è possibile recuperare per una visione culturale più ampia, affinché la vita non abbia una sola dimensione.
È importante ripristinare il contatto con la perduta sapienza interiore, mediante un approccio “femminile” alla vita, facendo tesoro della nostra umana capacità di rapportarci profondamente a noi stessi.
1. La Grande Madre
Per la psicologia analitica, gli elementi costitutivi dell’inconscio collettivo sono gli archetipi.
L’archetipo non è un’entità concreta, che esiste nel tempo e nello spazio ma un’immagine interiore che agisce nella psiche umana
L’archetipo è un fattore oscuro, una predisposizione che, in un dato momento dello sviluppo dello spirito, comincia ad agire, ordinando il materiale della coscienza in figure determinate. La sua eterna presenza è invisibile, come un campo magnetico potente, che contiene in sé una potenziale pluralità simbolica e numinosa. L’archetipo è costituito da un suo simbolismo articolato: contiene in sé differenti immagini con altrettanti significati, i quali possiedono una forte componente emotiva, capace di condizionare notevolmente il comportamento umano.
Le immagini simboliche sono rappresentazioni dell’archetipo, latente e inconscio, alla coscienza.
Gli archetipi sono numerosi, ma tra quelli che riguardano il femminile e che ci interessano particolarmente vi è quella che Jung ha definito immagine primordiale o archetipo della Grande Madre.
La Grande Madre è un aspetto parziale ma anche centrale dell’archetipo del femminile e appare relativamente tardi nella storia dell’umanità.
La combinazione dei due termini Madre e Grande implica un simbolismo dotato di una forte evocazione
Il termine Madre, infatti, indica una complessa situazione psichica dell’Io, oltre che una relazione di
filiazione, mentre la parola Grande esprime il simbolo della superiorità, che la figura possiede nei riguardi
di tutto ciò che è stato generato.
Le immagini simboliche che si rifanno alla figura della Grande Madre, sia nel suo aspetto negativo
sia in quello positivo, sono veramente tante e comprendono dee e fate, demoni e ninfe, fantasmi e ostri.
L’uomo primitivo concepiva la divinità come una fusione paradossale di bene e male; solidarietà e ostilità; insomma un’unità; mentre successivamente, la dea buona e la dea cattiva sarebbero state venerate per lo più come diverse l’una dall’altra.
In tempi arcaici, l’uomo si accostava alla realtà mitologicamente, tramite in altre parole la formazione
di immagini archetipiche che proiettava sul mondo.
È lo stesso modo che utilizza il bambino piccolo quando riversa sulla propria mamma l’immaginario della Grande Madre e, per questo, la percepisce come un femminile onnipotente e numinoso, da cui dipendere assolutamente.
È la vita umana alle sue origini quando è diretta non dai concetti, ma dalle immagini primordiali; non dalla razionalità ma dagli istinti e dai simboli, quali espressioni spontanee dell’inconscio ed è solo con il loro aiuto che la psiche può orientarsi nel mondo.
2. L’Uroboro
L’Uroboro, l’immagine del serpente circolare che si morde la coda, simboleggia la situazione psichica
originaria, dove la coscienza e l’Io sono ancora indifferenziati. Man mano che nell’immaginario
archetipico l’uroboro si sviluppa, confluisce in maniera fluida nell’archetipo del femminile e si trasforma
nella Grande Madre.
L’uroboro, simbolo primordiale contenente gli opposti, è definito anche Il Grande Cerchio, in
cui sono fusi elementi positivi e negativi, maschili e femminili; in tal senso è simbolo dell’inestricabilità
del caos, dell’inconscio e della totalità della psiche ma anche simbolo dei Genitori primordiali, uniti
l’uno con l’altro, da cui successivamente si staccheranno le figure del Grande Padre e della Grande Madre. Per uroboro materno si intende che l’archetipo del femminile è prevalente nella dimensione uroborica rispetto alla Grande Madre, invece nella Grande Madre uroborica si configura la predominanza della Grande Madre, assoluta nutrice e detentrice caotica degli opposti
Con la differenziazione dell’uroboro nell' archetipo del femminile e archetipo del maschile troviamo
un accenno di ordinamento negli elementi: infatti, nel femminile ora si distinguono tratti dell’uroboro
materno della Grande Madre uroborica, mentre la configurazione della Grande Madre assume una
triplice forma: Madre buona, terribile e, infine, buona-cattiva.
Quest’ultima è la Grande Madre che, essendo buona e cattiva insieme, permette l’unificazione
degli elementi positivi e negativi.
La coscienza dell’Io, essendosi maggiormente sviluppata, esperisce le immagini archetipiche in
maniera indiretta, vale a dire come contenuti psichici proiettati nel mondo esterno, attraverso figure divine o persone.
Per es.: le tre divinità femminili, l’egiziana Iside, la pre-greca Gorgone e Sophia, la saggezza, sono immagini proiettive dello spazio interiore ma sono vissute come esteriori, reali: la terribile figura della Gorgone dallo sguardo pietrificante è proiezione della Madre Terribile, mentre Sophia è la Madre Buona.
Iside, poiché unisce tratti di madre buona e terribile, corrisponde all’archetipo della Grande Madre:
essa reca in testa il simbolo del trono; è la dea Madre che prende possesso della terra, sedendosi letteralmente nel suo grembo.
L’essenza del femminile si distingue per la presenza di due caratteri che si compenetrano, coesistono e si contrappongono fra loro: il carattere elementare e quello trasformatore. Per lo più, essi si presentano contemporaneamente ma esiste anche un dominio di uno sull’altro.
Per carattere intendiamo una peculiarità della psiche che corrisponde a strutture e processi psichici che vanno interpretati.
L’interpretazione permette di comprendere meglio i miti e il loro significato, e di spiegare l’esperienza che il femminile fa di se stesso e del maschile. Il carattere elementare definisce l’aspetto del femminile che, in quanto Grande Cerchio, ha la tendenza a mantenere fermo tutto ciò che nasce da esso, circondandolo come sostanza eterna
.
È l’atteggiamento tipico del Matriarcato che, con la sua funzione materna determinante, protegge,
nutre, riscalda, contiene, ma in senso negativo, poiché rende la coscienza infantile, dipendente, inerte,
attraverso il rifiuto e la privazione.
Il carattere elementare possiede, quindi, un aspetto buono e uno cattivo ed è la base della modalità conservatrice e immutabile del femminile che predomina nel materno.
L’aspetto positivo, per cui la donna contiene e protegge, nutre e genera, è rappresentato dal vaso,
simbolo di essenza femminile. Il carattere elementare la raffigura nella sua esistenza muta, appunto
come un vaso, non divorante ma datore di ricchezza. È il simbolo del femminile che diventa
creativo nel segreto e nel silenzio.
L’aspetto negativo si manifesta, invece, nel simbolo dell’eroe inghiottito dalle tenebre, dall’abisso
o da un mostro. È l’irruzione della terribile madre divorante, a cui corrisponde un contro-archetipo:
quello dell’eroe consapevole che uccide il mostro, tagliando un pezzo del suo cuore e assimila in sé la parte tagliata, ampliando e rafforzando il suo Io cosciente.
È vero che l’inconscio è raffigurato come femminile, ma anche la donna ha una coscienza simbolicamente
maschile e, quindi, esperisce l’inconscio come femminile-negativo.
Le immagini che esprimono il carattere elementare negativo del femminile nella cultura sono angoscianti:
demoni, streghe e vampiri; mostri dalle fauci divoranti; mortali del mondo sotterraneo o ancora oscure e terribili caverne che divorano e riprendono dentro di sé
Un altro esempio è la dea Kali, in India, l’oscura divoratrice, signora incoronata di ossa, luogo
sacro dei teschi.
Quando il femminile ha carattere trasformatore esprime un’altra costellazione psichica, la parte più
dinamica che, a differenza della tendenza conservatrice del carattere elementare, spinge al movimento
e quindi alla trasformazione
Tale carattere trasformatore è la funzione del materno che nutre.
Il femminile ne fa esperienza in modo naturale nella gravidanza, nel rapporto con la crescita intrauterina
del feto e con la nascita e ciò lo condurrà al culmine dei misteri di trasformazione spirituale, legati al sangue e quindi all’esperienza della propria creatività.
La donna è, quindi, strumento di trasformazione, sia di se stessa, sia del bambino; dentro e fuori di sé.
Il primo mistero di sangue del femminile è la mestruazione, momento sacro della vita della donna,
che si trasforma da bambina in fanciulla, potenzialmente capace di dare la vita.
La gravidanza è il secondo mistero. Anticamente si riteneva che l’embrione fosse creato dal sangue
della madre, la cui fuoriuscita cessa durante la gravidanza.
Quando con la nascita avviene la trasformazione della donna in madre, emerge una nuova costellazione
archetipica, che trasforma profondamente la vita del femminile attraverso la relazione con il
bambino, legata alle funzioni di nutrire, proteggere, riscaldare, mantenere sicuro.
Il terzo mistero è la trasformazione del sangue in latte, base dei misteri primordiali della trasformazione
del cibo.
Il maschile fa esperienza di quest’aspetto del femminile, restandone influenzato in modo numinoso,
con fascino ma anche con timore, pur sempre stimolato alla trasformazione di sé.
L’uomo si sente attratto dal femminile capace di trasformazione, perché, oltre l’archetipo della
Grande Madre, incontra la figura dell’Anima.Questo processo evolutivo è legato ad un rischio di morte, a causa del predominio della Grande Madre, che non intende sottostare al distacco e alla perdita.
L’Anima, se pure in parte è ambivalente perché legata all’uroboro materno, comunque si trasforma
e trasforma, prepara all’Io-eroe nuove prove da affrontare che appartengono alla relazione con il
maschile, è mediatrice tra mondo della coscienza maschile e mondo elementare dell’inconscio. La
figura dell’Animus come guida della psiche esercita l’effetto corrispondente sul femminile. L’anima
assume carattere trasformatore del femminile, solo quando la donna è consapevole di questo suo potere e diventa capace di una relazione genuina con il partner
Il simbolismo della Luna come coscienza matriarcale
La Luna è il simbolo che ha dato significato alla donna, nel corso dei tempi, soprattutto rendendola
diversa dall’uomo, distintamente femminile, in opposizione alla mascolinità.
Nel mito, nelle leggende la luna rappresenta la divinità della donna, il principio femminile, così come
il sole simbolizza, invece, il principio maschile.
La luna è stata sempre considerata parte della donna, come fonte e origine della fertilità e in seguito
anche Dea, che la protegge e la sostiene nei fatti più importanti della vita
La luna presiede alla notte, regola l’oscurità dell’intuitivo mondo interiore: è incomprensibile, potente
e fatale; è dea dell’amore e del rapporto. Riuscire a comprendere il significato di ciò, ci riporta
al valore dell’antica differenziazione tra maschio e femmina; ci riporta nelle profondità dell’inconscio
e al suo simbolismo originario.
Lo stadio psichico del matriarcato non indica soltanto lo sviluppo differente della coscienza e
dell’inconscio, in cui è pregnante l’archetipo della Grande Madre, ma anche una situazione psichica
generale, nella quale l’inconscio (e quindi la femminilità) dominano, mentre la coscienza (e la maschilità)non sono ancora autonome e indipendenti.
l'ispirazione introduttiva la devo a Erich Neumann
Gli archetipi del femminile:
la donna verso la sua identità interiore e l’incontro con l’altro da sè
Premessa:
La civiltà occidentale, contrariamente ad altre culture, tende a dare poco valore e a non riconoscere
l’importanza della femminilità.
L’occidente è caratterizzato da un sistema prevalentemente maschile e patriarcale: esso è unilaterale,
basato soprattutto sulla razionalità e scarsamente disposto ad accettare l’aspetto più interiore ed emotivo, tipicamente femminile, che consentirebbe una comprensione più globale della realtà.
Non vi è apertura all’altro e il conflitto fra le diversità, e quindi anche tra maschile e femminile, è aspro.
Quando principio maschile e femminile non si incontrano e non si integrano, predomina la volontà di potere: l’uno sull’altro e sulla realtà circostante. E soprattutto non c’è riconoscimento del valore, né da parte dell’uomo verso la donna, né da parte della donna all’uomo, né della ricchezza che può derivare da un diverso modo di essere e di vedere la realtà.
Il concetto di femminilità è velato di mistero, contiene in sé molte sfumature, spesso sfugge le definizioni e disorienta chi tenta di approfondirne il senso.
Il mistero si chiarifica attraverso le espressioni simboliche appartenenti alla vasta cultura umana che, dai tempi più antichi, ha prodotto miti e archetipi, in grado di indicare le vie più profonde dell’esistenza.
Miti e archetipi, infatti, parlano direttamente alla nostra anima, superando la riduttività di un discorso
razionale; in quanto capaci di riflettere una struttura psicologica umana basilare, essi contengono anche un significato universale, espressione di un processo comune a tutti gli esseri umani.
È necessario, inoltre, riscoprire il valore dell’incontro tra uomo e donna, la diversità complementare tra loro e di come la fecondità del principio femminile sia in grado di arricchire l’orientamento razionale del principio maschile: pur avendo evoluzioni differenti nella modalità d’approccio
all’esistenza, uomo e donna non possono fare a meno l’uno dell’altro, ai fini dell’autorealizzazione.
Riferimento fondamentale è la psicologia analitica di Jung, che riconosce nell’inconscio dell’uomo la presenza attiva di un principio femminile (Anima), così come la presenza di una parte maschile
nell’interiorità della donna (Animus) e soprattutto ha saputo comprendere il percorso evolutivo della
donna mediante lo studio antropologico dei miti.
La psicologia del profondo, infatti, conosce se stessa proprio attraverso l’esplorazione simbolica che il mito le procura.
Il mito va oltre il personale, fornisce l’aspetto oggettivo presente nell’evento psichico e contiene una valenza fortemente energetica che attira l’attenzione degli uomini, riunendoli sotto valori universali e validi per l’intera umanità, ma soprattutto ne favorisce le trasformazioni spirituali.
Nel mito il mistero diventa un percorso iniziatico, in cui la donna acquisisce il suo potere femminile fecondo attraverso tappe dolorose di morte-rinascita, necessarie prima di ricongiungersi al suo amato bene.
Meta che raggiunge guidata dall’esperienza del suo Sé femminile, come ci indica chiaramente l’eroina Psiche nel mito di Apuleio.
Il mistero del femminile ha il sapore di una storia che narra destini comuni, è il racconto di ogni donna, dolente travaglio della sua anima e della fioritura del suo ventre che genera vita.
Ma è anche la storia di una coscienza e delle sue lotte interiori, di una lenta metamorfosi attraverso
cui emerge la verità della propria essenza, non appannaggio ereditato, ma frutto di un approccio profondo alla vita.
Infatti, già nelle antiche religioni misteriche della dea lunare, l’educazione alla vita emotiva non avveniva attraverso uno studio razionale, ma mediante iniziazione, intesa come risveglio interiore.
Se il mondo dei valori entrava in crisi per improvvisa aridità di costumi, gli antichi simbolicamente affermavano che lo spirito fertilizzante della dea lunare si era ritirato e il percorso iniziatico era rivolto a reintegrare il potere della dea nella vita individuale.
I miti e i riti delle antiche religioni esprimono, quindi, una proiezione di realtà psicologiche non distorte
da razionalismi, e in tutte le questioni riguardanti il regno dello spirito, i popoli primitivi non pensavano, ma “sentivano”, grazie ad un’affinata percezione intuitiva.
È la conoscenza di “come stanno veramente le cose”, il sentiero immerso nell’oscurità inconscia,che però rispecchia i fatti e non può mentire. Questa è la saggezza dei tempi, che è possibile recuperare per una visione culturale più ampia, affinché la vita non abbia una sola dimensione.
È importante ripristinare il contatto con la perduta sapienza interiore, mediante un approccio “femminile” alla vita, facendo tesoro della nostra umana capacità di rapportarci profondamente a noi stessi.
1. La Grande Madre
Per la psicologia analitica, gli elementi costitutivi dell’inconscio collettivo sono gli archetipi.
L’archetipo non è un’entità concreta, che esiste nel tempo e nello spazio ma un’immagine interiore che agisce nella psiche umana
L’archetipo è un fattore oscuro, una predisposizione che, in un dato momento dello sviluppo dello spirito, comincia ad agire, ordinando il materiale della coscienza in figure determinate. La sua eterna presenza è invisibile, come un campo magnetico potente, che contiene in sé una potenziale pluralità simbolica e numinosa. L’archetipo è costituito da un suo simbolismo articolato: contiene in sé differenti immagini con altrettanti significati, i quali possiedono una forte componente emotiva, capace di condizionare notevolmente il comportamento umano.
Le immagini simboliche sono rappresentazioni dell’archetipo, latente e inconscio, alla coscienza.
Gli archetipi sono numerosi, ma tra quelli che riguardano il femminile e che ci interessano particolarmente vi è quella che Jung ha definito immagine primordiale o archetipo della Grande Madre.
La Grande Madre è un aspetto parziale ma anche centrale dell’archetipo del femminile e appare relativamente tardi nella storia dell’umanità.
La combinazione dei due termini Madre e Grande implica un simbolismo dotato di una forte evocazione
Il termine Madre, infatti, indica una complessa situazione psichica dell’Io, oltre che una relazione di
filiazione, mentre la parola Grande esprime il simbolo della superiorità, che la figura possiede nei riguardi
di tutto ciò che è stato generato.
Le immagini simboliche che si rifanno alla figura della Grande Madre, sia nel suo aspetto negativo
sia in quello positivo, sono veramente tante e comprendono dee e fate, demoni e ninfe, fantasmi e ostri.
L’uomo primitivo concepiva la divinità come una fusione paradossale di bene e male; solidarietà e ostilità; insomma un’unità; mentre successivamente, la dea buona e la dea cattiva sarebbero state venerate per lo più come diverse l’una dall’altra.
In tempi arcaici, l’uomo si accostava alla realtà mitologicamente, tramite in altre parole la formazione
di immagini archetipiche che proiettava sul mondo.
È lo stesso modo che utilizza il bambino piccolo quando riversa sulla propria mamma l’immaginario della Grande Madre e, per questo, la percepisce come un femminile onnipotente e numinoso, da cui dipendere assolutamente.
È la vita umana alle sue origini quando è diretta non dai concetti, ma dalle immagini primordiali; non dalla razionalità ma dagli istinti e dai simboli, quali espressioni spontanee dell’inconscio ed è solo con il loro aiuto che la psiche può orientarsi nel mondo.
2. L’Uroboro
L’Uroboro, l’immagine del serpente circolare che si morde la coda, simboleggia la situazione psichica
originaria, dove la coscienza e l’Io sono ancora indifferenziati. Man mano che nell’immaginario
archetipico l’uroboro si sviluppa, confluisce in maniera fluida nell’archetipo del femminile e si trasforma
nella Grande Madre.
L’uroboro, simbolo primordiale contenente gli opposti, è definito anche Il Grande Cerchio, in
cui sono fusi elementi positivi e negativi, maschili e femminili; in tal senso è simbolo dell’inestricabilità
del caos, dell’inconscio e della totalità della psiche ma anche simbolo dei Genitori primordiali, uniti
l’uno con l’altro, da cui successivamente si staccheranno le figure del Grande Padre e della Grande Madre. Per uroboro materno si intende che l’archetipo del femminile è prevalente nella dimensione uroborica rispetto alla Grande Madre, invece nella Grande Madre uroborica si configura la predominanza della Grande Madre, assoluta nutrice e detentrice caotica degli opposti
Con la differenziazione dell’uroboro nell' archetipo del femminile e archetipo del maschile troviamo
un accenno di ordinamento negli elementi: infatti, nel femminile ora si distinguono tratti dell’uroboro
materno della Grande Madre uroborica, mentre la configurazione della Grande Madre assume una
triplice forma: Madre buona, terribile e, infine, buona-cattiva.
Quest’ultima è la Grande Madre che, essendo buona e cattiva insieme, permette l’unificazione
degli elementi positivi e negativi.
La coscienza dell’Io, essendosi maggiormente sviluppata, esperisce le immagini archetipiche in
maniera indiretta, vale a dire come contenuti psichici proiettati nel mondo esterno, attraverso figure divine o persone.
Per es.: le tre divinità femminili, l’egiziana Iside, la pre-greca Gorgone e Sophia, la saggezza, sono immagini proiettive dello spazio interiore ma sono vissute come esteriori, reali: la terribile figura della Gorgone dallo sguardo pietrificante è proiezione della Madre Terribile, mentre Sophia è la Madre Buona.
Iside, poiché unisce tratti di madre buona e terribile, corrisponde all’archetipo della Grande Madre:
essa reca in testa il simbolo del trono; è la dea Madre che prende possesso della terra, sedendosi letteralmente nel suo grembo.
L’essenza del femminile si distingue per la presenza di due caratteri che si compenetrano, coesistono e si contrappongono fra loro: il carattere elementare e quello trasformatore. Per lo più, essi si presentano contemporaneamente ma esiste anche un dominio di uno sull’altro.
Per carattere intendiamo una peculiarità della psiche che corrisponde a strutture e processi psichici che vanno interpretati.
L’interpretazione permette di comprendere meglio i miti e il loro significato, e di spiegare l’esperienza che il femminile fa di se stesso e del maschile. Il carattere elementare definisce l’aspetto del femminile che, in quanto Grande Cerchio, ha la tendenza a mantenere fermo tutto ciò che nasce da esso, circondandolo come sostanza eterna
.
È l’atteggiamento tipico del Matriarcato che, con la sua funzione materna determinante, protegge,
nutre, riscalda, contiene, ma in senso negativo, poiché rende la coscienza infantile, dipendente, inerte,
attraverso il rifiuto e la privazione.
Il carattere elementare possiede, quindi, un aspetto buono e uno cattivo ed è la base della modalità conservatrice e immutabile del femminile che predomina nel materno.
L’aspetto positivo, per cui la donna contiene e protegge, nutre e genera, è rappresentato dal vaso,
simbolo di essenza femminile. Il carattere elementare la raffigura nella sua esistenza muta, appunto
come un vaso, non divorante ma datore di ricchezza. È il simbolo del femminile che diventa
creativo nel segreto e nel silenzio.
L’aspetto negativo si manifesta, invece, nel simbolo dell’eroe inghiottito dalle tenebre, dall’abisso
o da un mostro. È l’irruzione della terribile madre divorante, a cui corrisponde un contro-archetipo:
quello dell’eroe consapevole che uccide il mostro, tagliando un pezzo del suo cuore e assimila in sé la parte tagliata, ampliando e rafforzando il suo Io cosciente.
È vero che l’inconscio è raffigurato come femminile, ma anche la donna ha una coscienza simbolicamente
maschile e, quindi, esperisce l’inconscio come femminile-negativo.
Le immagini che esprimono il carattere elementare negativo del femminile nella cultura sono angoscianti:
demoni, streghe e vampiri; mostri dalle fauci divoranti; mortali del mondo sotterraneo o ancora oscure e terribili caverne che divorano e riprendono dentro di sé
Un altro esempio è la dea Kali, in India, l’oscura divoratrice, signora incoronata di ossa, luogo
sacro dei teschi.
Quando il femminile ha carattere trasformatore esprime un’altra costellazione psichica, la parte più
dinamica che, a differenza della tendenza conservatrice del carattere elementare, spinge al movimento
e quindi alla trasformazione
Tale carattere trasformatore è la funzione del materno che nutre.
Il femminile ne fa esperienza in modo naturale nella gravidanza, nel rapporto con la crescita intrauterina
del feto e con la nascita e ciò lo condurrà al culmine dei misteri di trasformazione spirituale, legati al sangue e quindi all’esperienza della propria creatività.
La donna è, quindi, strumento di trasformazione, sia di se stessa, sia del bambino; dentro e fuori di sé.
Il primo mistero di sangue del femminile è la mestruazione, momento sacro della vita della donna,
che si trasforma da bambina in fanciulla, potenzialmente capace di dare la vita.
La gravidanza è il secondo mistero. Anticamente si riteneva che l’embrione fosse creato dal sangue
della madre, la cui fuoriuscita cessa durante la gravidanza.
Quando con la nascita avviene la trasformazione della donna in madre, emerge una nuova costellazione
archetipica, che trasforma profondamente la vita del femminile attraverso la relazione con il
bambino, legata alle funzioni di nutrire, proteggere, riscaldare, mantenere sicuro.
Il terzo mistero è la trasformazione del sangue in latte, base dei misteri primordiali della trasformazione
del cibo.
Il maschile fa esperienza di quest’aspetto del femminile, restandone influenzato in modo numinoso,
con fascino ma anche con timore, pur sempre stimolato alla trasformazione di sé.
L’uomo si sente attratto dal femminile capace di trasformazione, perché, oltre l’archetipo della
Grande Madre, incontra la figura dell’Anima.Questo processo evolutivo è legato ad un rischio di morte, a causa del predominio della Grande Madre, che non intende sottostare al distacco e alla perdita.
L’Anima, se pure in parte è ambivalente perché legata all’uroboro materno, comunque si trasforma
e trasforma, prepara all’Io-eroe nuove prove da affrontare che appartengono alla relazione con il
maschile, è mediatrice tra mondo della coscienza maschile e mondo elementare dell’inconscio. La
figura dell’Animus come guida della psiche esercita l’effetto corrispondente sul femminile. L’anima
assume carattere trasformatore del femminile, solo quando la donna è consapevole di questo suo potere e diventa capace di una relazione genuina con il partner
Il simbolismo della Luna come coscienza matriarcale
La Luna è il simbolo che ha dato significato alla donna, nel corso dei tempi, soprattutto rendendola
diversa dall’uomo, distintamente femminile, in opposizione alla mascolinità.
Nel mito, nelle leggende la luna rappresenta la divinità della donna, il principio femminile, così come
il sole simbolizza, invece, il principio maschile.
La luna è stata sempre considerata parte della donna, come fonte e origine della fertilità e in seguito
anche Dea, che la protegge e la sostiene nei fatti più importanti della vita
La luna presiede alla notte, regola l’oscurità dell’intuitivo mondo interiore: è incomprensibile, potente
e fatale; è dea dell’amore e del rapporto. Riuscire a comprendere il significato di ciò, ci riporta
al valore dell’antica differenziazione tra maschio e femmina; ci riporta nelle profondità dell’inconscio
e al suo simbolismo originario.
Lo stadio psichico del matriarcato non indica soltanto lo sviluppo differente della coscienza e
dell’inconscio, in cui è pregnante l’archetipo della Grande Madre, ma anche una situazione psichica
generale, nella quale l’inconscio (e quindi la femminilità) dominano, mentre la coscienza (e la maschilità)non sono ancora autonome e indipendenti.
seguivano argomenti quali:
Il tempo lunare
Lo spirito lunare della Dea, ovvero Sophia, la saggezza del Sé femminile..............e elementi di astrologia lunare pratica .
a questa introduzione seguì il work shop sulla luna dei partecipanti alla conferenza,grazie a tutti Voi e ai Vs. feedback!!
a questa introduzione seguì il work shop sulla luna dei partecipanti alla conferenza,grazie a tutti Voi e ai Vs. feedback!!
l'ispirazione introduttiva la devo a Erich Neumann
(Berlino 1905 - Tel Aviv 1960) si è laureato in filosofia nel 1927 e in medicina nel 1933.
Ha studiato con C. G. Jung dal 1934 al 1936. è stato presidente della Associazione Israeliana degli Psicologi Analisti,suoi anche :La psicologia del femminile, Storia delle origini della coscienza e Amore e Psiche .
Ha studiato con C. G. Jung dal 1934 al 1936. è stato presidente della Associazione Israeliana degli Psicologi Analisti,suoi anche :La psicologia del femminile, Storia delle origini della coscienza e Amore e Psiche .
e.......
Jung Carl Gustav, L’uomo e i suoi simboli, Ed. Longanesi, 1980
Paris Ginette, La rinascita di Afrodite, Ed. Moretti e Vitali, Bergamo, 1997
Von Franz M. L. Il femminile nella fiaba, Ed. Bollati e Boringhieri, Torino, 1983
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