Thursday, November 6, 2014

    Una delle possibili emozioni "emergenti"in fase Luna Piena

                                   "Disturbo Evitante"

Che cos’e’ il disturbo Evitante

Il disturbo evitante della personalità (DEP) è un disturbo della personalità caratterizzato dalla convinzione radicata del soggetto di valere poco; ciò porta la persona a sentire un profondo senso di inadeguatezza nella vita di relazione, con un enorme timore delle critiche, della disapprovazione altrui e dell' esclusione. Per evitare queste esperienze dolorose e la sensazione di sentirsi escluso dagli altri, la persona con disturbo evitante della personalità tende ad avere una vita ritirata; il ritiro sociale, conduce ad una esistenza priva di stimoli, triste, con un visibile senso di vuoto e, a volte, quasi senza senso, evita alla persona di esporsi e di vivere il malessere dell’inferiorità e del senso di inadeguatezza.
Questi soggetti, non hanno un gruppo di amici con i quali uscire la sera e sul lavoro si mantengono ai margini rinunciando alla carriera per non essere sottoposti al giudizio altrui; tuttavia desiderano fortemente instaurare delle relazioni, poter avere un partner, condividere esperienze ed interessi con gli altri. Ma la difficoltà a vivere l’imbarazzo o l’umiliazione li induce ad evitare il confronto.
Si tratta di un disturbo comune nelle popolazioni “cliniche” con una prevalenza dell’1-10%. Ad oggi non abbiamo informazioni chiare su come si distribuisce sui due sessi o sulla presenza di familiarità.

Come si manifesta

Le persone affette da disturbo evitante della personalità sono caratterizzate da problemi relazionali associati ad un radicato senso di inadeguatezza e timore del giudizio negativo altrui; manifestano, infatti, un elevato grado di inibizione e ritiro sociale, legato al fatto che ritengono che la valutazione negativa dagli altri sia un dato di fatto. Preferiscono allora tenersi fuori dalle relazioni, ad eccezione di quelle abituali e rassicuranti (es. con i familiari più stretti), pur desiderando di avere delle relazioni sociali. Queste persone, infatti, sentono come gli altri il bisogno di una vita di relazione soddisfacente, che rimane, però, inespressa; questo comporta un estremo malessere che può essere sperimentato come senso di vuoto o come un doloroso senso di esclusione.
Assistono in questo modo allo svolgimento della vita degli altri come se fossero in un film di cui sono spettatori passivi; vivono costantemente la distanza dagli altri, nelle situazioni di coppia non riescono a trovare elementi di condivisione con l’altro, così come non sentono di appartenere ad alcun gruppo.
Quando si trovano a confrontarsi con le altre persone vivono il disagio della sensazione di non essere visti, di non essere considerati, alla stregua di persone di poco valore; questa esperienza favorisce il mantenimento della convinzione di valere poco e di non avere abilità sufficienti a stabilire e mantenere una pur minima relazione. Si sentono, infatti, incapaci nell’approccio e nel mantenere un discorso, hanno l’idea di non avere nulla di interessante da proporre agli altri e di non essere attraenti.
Ricorrono, quindi, all’evitamento come unico comportamento autoprotettivo da ciò che provoca malessere, dalle proprie emozioni negative; tale comportamento non permette loro di sviluppare quelle risorse ed abilità necessarie nelle relazioni, così come la capacità di venire a contatto con le proprie emozioni. Per poter vivere sensazioni positive e gratificanti, anche se momentanee, coltivano interessi ed attività solitarie (es. musica, lettura, chat) che non implicano necessariamente un contatto con gli altri; in alcuni casi ricorrono anche all’uso di sostanze, in particolare dell’alcool, per sedare il malessere interiore ritagliandosi così una parentesi di piacere virtuale. Talvolta è possibile che questo stile di vita povera di stimoli,e monotona contribuisca all’insorgenza di un quadro depressivo.
Quando riescono a stabilire una relazione, in genere, le persone con DEP tendono ad assumere un atteggiamento sottomesso per il timore di perderla e di ritornare ad essere soli; si attaccano, quindi, con tenacia all’altra persona assecondandola per evitare il rifiuto temuto. Con il passare del tempo, tuttavia, tale situazione di costrizione può indurre a reazioni di rabbia non sempre controllate; i soggetti con questo disturbo, infatti, possono non tollerare l’idea di dover vivere il rapporto di coppia come se fosse l’unica via d’uscita ed esplodere quando devono affrontare le difficoltà con il proprio partner.

Come capire se si soffre di disturbo evitante di personalità

L’evitante si sente diverso ed inadeguato rispetto agli altri e considera questa condizione come immutabile. Tende allora a restare solo, a casa, in famiglia, lontano dal mondo, con la sensazione che la vita non possa riservargli piacevoli sorprese. Desidera liberarsi da questo stile di vita che si ripete monotono, ma quando tenta un qualsiasi approccio con le altre persone, si ritrae temendo il giudizio negativo ed il rifiuto non ritenendosi all’altezza del confronto; si comporta allora in maniera impacciata, per rifugiarsi poi nella fuga.
Dal momento che è possibile riscontrare la presenza di alcune di queste caratteristiche anche in altri disturbi psicologici, è opportuno chiarire alcune distinzioni tra il disturbo evitante di personalità ed altre condizioni che possono sembrare apparentemente simili.
Il DEP ,in generale è diverso dal disturbo d'ansia ,dalla depressione o dalla fobia sociale.

Cause

Il disturbo evitante esordisce nella tarda adolescenza e prima età adulta; esistono casi in cui tratti marcati di timidezza oppure di altre manifestazione dei disturbi d’ansia sociale si manifestano nell’infanzia e precedono lo sviluppo successivo di una personalità evitante.
Alcuni autori sostengono che aspetti evitanti appaiono precocemente e derivano in parte da fattori biologici temperamentali innati. Tale predisposizione biologica non sarebbe però sufficiente per determinare lo sviluppo del disturbo.
Sono state descritte come altri possibili fattori di rischio, infatti, storie di abusi fisici, storie di rifiuto da parte dei genitori, atteggiamenti che vengono rinforzati dal rifiuto dei coetanei, precoci esperienze di vita che hanno condotto ad un esagerato desiderio di accettazione e ad un’intolleranza alle critiche. Ad esempio, un bambino oggetto di continui scherzi ed umiliazioni da parte dei coetanei potrebbe rifugiarsi nel proprio mondo familiare, compatto e chiuso, che percepisce come rassicurante nei confronti di un ambiente esterno fatto di persone minacciose e rifiutanti, e sviluppare negli anni delle caratteristiche di personalità evitanti.
Cambiare si può

Il nucleo centrale del disturbo evitante è la sensazione dolorosa di non riuscire a condividere l’esperienza con gli altri e ad appartenere ai gruppi.sperimentare nuove strategie di padroneggiamento delle difficoltà relazionali efficaci come autoimposizione di un comportamento o l’autoesortazione per verificare e confutare all’esterno le proprie convinzioni errate circa le relazioni e acquisire o incrementare quelle abilità sociali che nel tempo si sono impoverite.
Serve un decentramento, ovvero la tendenza a interpretare le intenzioni e i pensieri degli altri secondo proprio punto di vista disfunzionale ed egocentrico,bisogna distrarre l'Ego . Cambiare si può e nella fase Luna Piena con maggior efficacia e più radicalità. 

Fonte: Serena Aquilar, Le relazioni tra Disturbo Evitante e Disturbo 
Narcisistico di Personalità, N. 9, 2012, pp. 3-27

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